Rapporto ASviS 2023: i ritardi dell’Agenda 2030

«Siamo lontani dal conseguire gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e non siamo sul “sentiero giusto”», questo è il duro giudizio che introduce il Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, un bilancio, arrivati a metà percorso, per scoprire a che punto si trovano il mondo, l’Europa e il nostro Paese nei confronti dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile.

La valutazione non deve far dimenticare i progressi compiuti dal lancio di questa sfida, avvenuto nel 2015, e tali passi in avanti dimostrano che è possibile cambiare politiche e comportamenti, indirizzandoli verso la sostenibilità, ma ciò è realizzabile solo con un impegno deciso di tutte le parti, dai cittadini al governi, dalle imprese alle associazioni.

Il Rapporto sottolinea come tale prospettiva sia quella auspicata da papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Laudate Deum.

L’Italia in breve

«Il nostro Paese appare “fuori linea” rispetto ai 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) che ci siamo impegnati a centrare entro la fine di questa decade». Così si apre la sintesi del Rapporto, e prosegue precisando come per sei degli obiettivi la situazione è addirittura peggiore rispetto al 2010, per tre è stabile e per otto vi sono dei miglioramenti, seppure contenuti. Esaminando i 33 Target valutabili in modo quantitativo la previsione è di un probabile raggiungimento per soli otto, mentre per 14 ciò sarà molto difficile o impossibile e per nove l’andamento è problematico, infine per due la mancanza di dati non permette una valutazione.

Commenta quindi l’ASviS: «Insomma, non ci siamo proprio».

I progressi sono presenti in vari campi, ma «il Rapporto mostra chiaramente come in questi otto anni l’Italia non abbia scelto in modo convinto e deciso l’Agenda 2030 come mappa per realizzare uno sviluppo pienamente sostenibile sul piano ambientale, sociale, economico e istituzionale», non c’è stato un impegno complessivo di trasformazione del Paese all’insegna della sostenibilità, e il risultato sono i dati presentati.

Più nel dettaglio

Esaminando gli indicatori elaborati nel Rapporto emergono peggioramenti, rispetto al 2010, per la povertà (Goal 1), i sistemi idrici e sociosanitari (Goal 6), la qualità degli ecosistemi terrestri e marini (Goal 14 e 15), la governance (Goal 16) e la partnership (Goal 17); una situazione pressoché stabile per quanto concerne gli aspetti legati al cibo (Goal 2), alle disuguaglianze (Goal 10) e alle città sostenibili (Goal 11); miglioramenti molto contenuti (inferiori al 10% in 12 anni) per sei Obiettivi (istruzione, parità di genere, energia rinnovabile, lavoro dignitoso, innovazione e infrastrutture, lotta al cam­biamento climatico) e aumenti di poco superiori per due (salute ed economia circolare). Per quanto concerne la disuguaglianze territoriali, sui 14 Goal per cui sono disponibili dati regionali solo per due (10 e 16) si evidenzia una loro riduzione, per tre (2, 9 e 12) una stabilità e per i restanti nove un incremento, «in contraddizione con il principio chiave dell’Agenda 2030 di “non lasciare nessuno indietro”».

I dati concernenti alcuni elementi sono impietosi. «Quasi due milioni di famiglie, al cui interno vivono 1,4 milioni di minori, sono in condizione di po­vertà assoluta; le disuguaglianze tra ricchi e poveri sono in crescita; quasi cinque milioni di giovani 18-34enni (quasi uno su due) presentano almeno un segnale di deprivazione; la spesa pubblica sanitaria e per istruzione è nettamente inferiore a quella europea».

Sulle questioni ambientali si riscontra addirittura il 42% di perdite nei sistemi idrici, neppure il 7% delle aree marine è protetto, lo stato di fiumi e laghi non è buono nel 41,7% dei casi, il degrado del suolo riguarda il 17% del territorio nazionale.

In relazione all’economia, in Italia dopo la crescita del biennio 2021/22 si sono manifestati segnali di debolezza; l’occupazione cresce, ma la componente di lavoro precario o irregolare è ancora importante.

Occorre accelerare

È oramai una vecchia storia. Manca in Italia, a partire dalla politica, una visione di prospettiva, una progettualità in grado di riferirsi a tempi medio lunghi, gli unici in grado di affrontare seriamente le questioni. Finché le tempistiche saranno scandite dai meri calcoli sui risultati elettorali e sul facile consenso ciò non sarà possibile.

«Per invertire le tendenze negative sopra descritte e per recuperare il terreno perduto è in­dispensabile accelerare l’adozione di un approccio politico e culturale che veda la sostenibilità al centro di tutte le scelte, pubbliche e private».

Il Co­mitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (Cite) lo scorso 18 settembre ha approvato la Strategia Nazionale che dovrebbe attivare un “Piano di accelerazione” in linea con la Dichiarazione finale del Summit ONU di settembre: dunque, vedremo.

Le proposte dell’ASviS

Per aiutare le istituzioni il Rapporto illustra una serie di proposte che rappresenta un vasto programma di riforme e inter­venti che contribuisca anche alla diffusione di una cultura dello sviluppo sostenibile.

«In estrema sintesi, le azioni proposte riguardano 13 linee di intervento:

• contrastare la povertà, la precarietà e il lavoro povero, assicurare l’assistenza agli anziani non autosufficienti, redistribuire il carico fiscale per ridurre le disuguaglianze, gestire i flussi mi­gratori e promuovere l’integrazione degli immigrati;

• accelerare l’innovazione tecnologica, organizzativa e sociale del settore agricolo, potenziare la responsabilità sociale delle aziende agricole;

• ottimizzare le risorse e l’organizzazione dei servizi sanitari, mitigare l’impatto della crisi clima­tica sulla salute, combattere il disagio psichico, le dipendenze e la violenza familiare e sociale;

• migliorare la qualità degli apprendimenti, contrastare la dispersione, assicurare l’inclusione, potenziare i servizi per l’infanzia, educare allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale;

• aumentare l’occupazione femminile, assicurare servizi e condivisione del lavoro di cura, pre­venire e combattere le discriminazioni multiple;

• mettere la protezione e il ripristino della natura al centro delle politiche, rispettare gli accordi internazionali in materia, assicurare la tutela e la gestione sostenibile degli ecosistemi;

• aumentare al massimo la produzione di energia elettrica rinnovabile;

• ridurre la fragilità sul mercato del lavoro di donne, giovani e immigrati, potenziare le politiche attive e migliorare le condizioni di lavoro;

• investire in infrastrutture sostenibili, orientare il sistema produttivo verso l’Industria 5.0, po­tenziare la ricerca e l’innovazione;

• migliorare il governo del territorio, investire nella rigenerazione urbana e nella transizione ecologica delle città e delle altre aree territoriali;

• promuovere la sostenibilità ambientale e sociale nella Pubblica amministrazione, coinvolgere maggiormente i consumatori nell’adozione di comportamenti virtuosi;

• migliorare il sistema giudiziario, sviluppare un’etica dell’Intelligenza Artificiale, rafforzare la partecipazione democratica;

• promuovere la pace, rafforzare la coerenza delle politiche di assistenza allo sviluppo e miglio­rarne l’efficacia, assicurando la partecipazione della società civile alle scelte».