Giornata del malato

«Anche nei Paesi che godono della pace e di maggiori risorse, il tempo dell’anzianità e della malattia è spesso vissuto nella solitudine e, talvolta, addirittura nell’abbandono. Questa triste realtà è soprattutto conseguenza della cultura dell’individualismo, che esalta il rendimento a tutti i costi e coltiva il mito dell’efficienza, diventando indifferente e perfino spietata quando le persone non hanno più le forze necessarie per stare al passo. Diventa allora cultura dello scarto […]. Questa logica pervade purtroppo anche certe scelte politiche, che non riescono a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni, e non sempre favoriscono strategie e risorse necessarie per garantire ad ogni essere umano il diritto fondamentale alla salute e l’accesso alle cure». Queste parole sono tratte dal messaggio che papa Francesco ha diffuso in occasione della XXXII Giornata mondiale del Malato dello scorso 11 febbraio.

Il messaggio sociale della Chiesa pone al centro della politica la persona, quanto più ciò è vero se è in difficoltà, come nel caso di problematiche legate alla salute.

Una coppia di significati

Il Papa pone l’accento su due importanti dimensioni. La prima è strettamente legata alla Giornata e riguarda l’importanza delle relazioni nella malattia, nella sofferenza: vicinanza dei cari e di coloro che si occupano professionalmente della cura, allo scopo di supportare la persona nello sforzo di affrontare le situazioni difficili.

Il secondo elemento concerne l’organizzazione della società e i suoi servizi sanitari, che sono tra i fondamentali, senza i quali non può esistere un welfare degno di tale nome. Perciò sono necessarie politiche adeguate, investimenti, progettualità e pratiche in grado di consentire un alto livello di interventi, sia terapeutici sia di prevenzione, aspetto spesso dimenticato.

Il nostro Paese è stato sempre all’avanguardia in questo campo e un giorno particolarmente significativo è il 23 dicembre del 1978, data dell’istituzione per legge del Servizio Sanitario Nazionale, modello assistenziale ancora oggi imitato e copiato in molti stati, col quale si sancisce il concetto di salute come fondamentale diritto dei cittadini e interesse della collettività, quindi in una prospettiva di universalità, mediante la promozione, il mantenimento e il recupero della salute fisica e psichica, in un’ottica di globalità, che si rivolge a tutta la popolazione senza distinzioni e secondo modalità che assicurino l’uguaglianza di trattamento.

Purtroppo la china verso la quale si sta procedendo da tempo non è positiva.

La situazione italiana

L’Istat, nell’area del suo portale denominata “noi Italia 2023”, riassume alcuni aspetti della sanità. Seppure i dati non siano recentissimi il quadro emergente è abbastanza chiaro. «Nel 2020, la spesa sanitaria pubblica è inferiore a quella di altri Paesi europei […]. Nel 2021, le famiglie italiane hanno contribuito alla spesa sanitaria complessiva per più del 24%, ciò colloca l’Italia tra i primi Paesi dell’Ue nella graduatoria per contributo delle famiglie alla spesa sanitaria». Sempre nel 2020 i posti letto negli ospedali erano 3,1 per ogni 1.000 abitanti (erano 4,7 nel 2000): la regione col valore più basso è la Calabria (2,6) mentre quella in testa alla classifica è la Valle d’Aosta con 3,9. «A livello europeo, l’Italia si posiziona tra i Paesi con i livelli più bassi di posti letto ogni mille abitanti». Nel 2021, dopo la fase acuta del Covid, è tornata a crescere l’emigrazione ospedaliera tra le regioni.

La Fondazione GIMBE, costituita dall’associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze, monitora la situazione della sanità nel nostro Paese e durante la presentazione del 6° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale il suo presidente ha commentato così quanto emerso: «I princìpi fondanti del SSN, universalità, uguaglianza, equità sono stati traditi. Oggi sono ben altre le parole chiave che definiscono un SSN ormai al capolinea e condizionano la vita quotidiana delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche meno abbienti: interminabili tempi di attesa, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure».

Il giudizio sulla politica è perentorio: l’indebolimento è stato causato da tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni: «stiamo inesorabilmente scivolando da un Servizio Sanitario Nazionale fondato sulla tutela di un diritto costituzionale a 21 sistemi sanitari regionali regolati dalle leggi del libero mercato. Con una frattura strutturale Nord-Sud che sta per essere normativamente legittimata dall’autonomia differenziata».

La povertà sanitaria

Sta suonando un ulteriore campanello d’allarme. Sono sempre di più le famiglie che per curarsi richiedono un finanziamento, un prestito personale: nel 2023 vi è stato un incremento di tali prestiti del 6,6% rispetto all’anno precedente. Ciò a causa del sempre più frequente ricorso alla sanità privata, viste le carenze di quella pubblica.

Le famiglie che hanno avuto dei problemi economici per curarsi erano il 4,7% nel 2019, sono salite al 5,2 nel 2020, per arrivare nel 2023 al 6,1%, vale a dire oltre un milione e mezzo di nuclei familiari. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità le famiglie che hanno spese superiori al 40% delle loro capacità di sostenerle sono il 9,4%, il dato peggiore tra i paesi europei.

Insomma, le gravi ripercussioni economiche dovute alla sanità riguardano quasi il 15% delle famiglie italiane, circa 9 milioni di persone, per colpa di un servizio che non riesce, come afferma la Costituzione, a garantire tutto a tutti, tralasciando soprattutto i più deboli. E questi sono in particolare al Sud con una “povertà sanitaria” che raggiunge l’8,2%, il doppio di quanto accade nel Nord est (4%).

Un ultimo dato: tra le persone che richiedono un prestito chi ne usufruisce in misura minore sono gli anziani, e il dato va letto come una rinuncia alle cure.

Rilanciare la sanità pubblica

Il preoccupante “stato di salute” del SSN, oramai evidente, impone alla politica una profonda riflessione e scelte coraggiose per riforme e investimenti, in grado di riportare i servizi a rispondere alle esigenze della popolazione, sintetizzate nel loro senso profondo dall’articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».

La Giornata Mondiale del Malato dovrebbe essere l’occasione per pretendere con forza di ridare alla sanità pubblica il ruolo che le spetta come servizio al bene comune e come indice di una buona società.