Amazzonia: quanto è lontana, quanto è vicina

Il fatto

Querida Amazonia

Il due febbraio papa Francesco ha diffuso l’esortazione apostolica Querida Amazonia, a seguito del sinodo dedicato al tema svoltosi nell’ottobre 2019 e il cui documento finale è intitolato Amazzonia: nuove strade per la Chiesa e per un’ecologia integrale, riprendendo il messaggio centrale della Laudato si’, di cinque anni orsono.

Nel frattempo la pandemia ha posto in risalto la vulnerabilità dell’umanità, i pericoli dello spillover, il salto di specie tra animale e uomo compiuto da un virus, nonché sul legame tra esso e la distruzione degli ecosistemi. Tale allarme, più volte ripetuto dalla scienza, è stato inascoltato, come è accaduto sul fronte climatico; una minaccia ancora più grave, sostengono gli scienziati, in quanto superata una certa soglia il riscaldamento potrebbe innescare dei processi irreversibili.

5 giugno: la Giornata Mondiale per l’Ambiente

A ricordare e sollecitare attenzione, politiche e azioni concrete il cinque giugno è stato il quarantaseiesimo anniversario del World Environment Day, la Giornata Mondiale per l’Ambiente, il cui motto per il 2020 sosteneva: «Time for nature», è il momento per la natura, in particolare per la salvaguardia della biodiversità, la lotta all’inquinamento atmosferico e ai cambiamenti climatici.

È questo il “fatto del mese”, e i motivi per riflettere e per agire sono molti.

Tanti problemi

In relazione alla biodiversità basta citare un dato: su un totale di poco inferiore ai nove milioni di specie viventi circa un milione sono a rischio.

Per quanto riguarda gli altri temi, una constatazione può essere fatta sull’ultimo semestre: giugno è stato molto piovoso, mentre l’inverno appena trascorso è risultato essere di gran lunga il più caldo mai registrato in Europa: la temperatura media ha superato di 3,4 gradi quella della stagione nel periodo 1981-2010, oltrepassando di 1,4 il precedente inverno record, il 2015-2016. Lo ha rilevato il Copernicus Climate Change Service. Il fenomeno è stato simile anche in Siberia, nell’Asia centrale e nell’Antartide occidentale.

Un inverno così caldo è un fatto sconcertante, ma non rappresenta una tendenza climatica in quanto tale, pur ponendo significativi interrogativi.

Il rapporto Future of the human climate niche, pubblicato in maggio sulla rivista Pnas (Proceedings of the national academy of sciences of the United states of America), ricostruisce gli scenari per ogni aumento di condizione termica. Secondo la ricerca per ogni grado in più della temperatura media globale potrebbero esserci un miliardo di persone costrette a spostarsi, oppure a vivere al di fuori della fascia climatica abitabile, sotto la minaccia di un calore insopportabile. Al ritmo attuale entro fine secolo la temperatura media potrebbe aumentare di tre gradi, con punte di oltre sette in alcune aree, come in Africa e Asia, dove, tra l’altro, ci si aspetta una rilevante crescita della popolazione. Un fattore che porterebbe di sicuro a una maggior consistenza del fenomeno migratorio, con tutta una serie di problemi. «Al di sopra dei 29°C di temperatura media globale le condizioni sono invivibili», ha affermato uno degli autori del rapporto, aggiungendo: «siamo stupefatti da queste conclusioni, pensavamo fossimo meno sensibili, ma in effetti abbiamo sempre vissuto all’interno di una nicchia climatica. A questi ritmi ci saranno più cambiamenti nei prossimi 50 anni che negli ultimi 6.000. Dovremmo quindi muoverci o adattarci, ma ricordiamo che anche l’adattamento conosce limiti».

L’Annuario dei dati ambientali dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) mostra un ulteriore elemento riguardante il nostro paese: la temperatura cresce in Italia più che in altre parti del mondo, nel 2018 è stata registrata un’anomalia media pari a +1,71 gradi rispetto alla media climatologica 1961-1990, superiore a quella globale sulla terra ferma (+0,98 gradi); in particolare è stato calcolato un aumento della temperatura media pari a circa 0,38 gradi ogni dieci anni nel periodo 1981-2018, elemento che porta l’Italia ad allontanarsi dagli obiettivi di contrasto dei cambiamenti climatici.

Prendiamo in esame altri problemi. Il bacino del Po è una delle aree in Europa dove l’inquinamento atmosferico è più pesante. Guardando ai dati del 2019, il valore limite giornaliero del PM10 è stato superato nel 21% delle stazioni di monitoraggio (50 microgrammi per metro cubo, da non superare più di 35 volte l’anno). Per quanto riguarda l’inquinamento elettromagnetico, tra luglio 2018 e settembre 2019 i casi di sorpasso dei limiti di legge sono aumentati (+ 6%) sia per gli impianti radio televisivi sia per le SRB (Stazioni Radio Base della telefonia mobile +4%). In merito alle sostanze chimiche, a preoccupare sono soprattutto i pesticidi: nelle acque superficiali il 24,4% dei punti monitorati mostra concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale, e il 6% nelle acque sotterranee. L’UE è il secondo produttore mondiale di sostanze chimiche dopo la Cina e l’Italia è il terzo in Europa, dopo Germania e Francia, con più di 2.800 imprese attive e 110.000 addetti.

Il consumo del suolo nel nostro paese è aumentato al ritmo di due metri quadri al secondo fra il 2017 e il 2018, coprendo con cemento, asfalto o altro, 23.000 chilometri quadrati; nel 2018 è stato sottratto anche il 2% delle aree protette. È risaputo che il nostro territorio è fortemente esposto al dissesto idrogeologico: la popolazione a rischio ammonta a oltre 1.200.000 abitanti, pari al 2,2% del totale.

In termini generali, per quanto concerne l’ultimo aspetto, il World resources institute avverte: dal 1980 le alluvioni fluviali hanno causato danni per oltre mille miliardi di dollari a livello globale e il numero di persone colpite è destinato a raddoppiare nel 2030, rispetto al 2010, da 65 milioni a 130 milioni. Per le inondazioni che interessano le zone costiere si passerà da 7 milioni a 15 milioni di persone coinvolte. Un danno che in termini monetari ammonterà a 535 miliardi di dollari, rispetto ai 157 del 2010 per le alluvioni, e a 177 miliardi di dollari rispetto ai 17 del 2010 per le zone costiere minacciate da inondazioni per l’aumento del livello del mare.

Un altro fenomeno altrettanto distruttivo è quello degli uragani, anch’esso in crescita, non solo nelle aree tradizionalmente colpite, ma anche in Europa e, in particolare, in Italia, come abbiamo sperimentato negli ultimi anni.

Cosa significa, in termini di denaro, tutte le problematiche enunciate? Prova a rispondere la rivista Nature che ha diffuso il rapporto Self-preservation strategy for approaching global warming targets in the post-Paris Agreement era, nel quale emerge come la mancata attuazione dell’Accordo di Parigi potrebbe generare perdite al mondo intero comprese tra 126.000 e 616.000 miliardi di dollari entro la fine del secolo. Al contrario, fermare il riscaldamento sotto i 2 gradi porterebbe all’economia mondiale un beneficio che si potrebbe aggirare tra 336.000 e 422.000 miliardi di dollari. Come si sul dire «non sono bruscolini», quindi puntare sulla sostenibilità, evitando coste sempre più sott’acqua, nuove terre deserte, ecosistemi distrutti, intensificarsi degli eventi estremi, consentirebbe di costruire un mondo non solo più resiliente, ma anche più prospero.

 

 

Il commento

La situazione rapidamente descritta si collega con il contenuto dell’esortazione apostolica Querida Amazonia di papa Francesco, poiché quella terra per lui rappresenta un simbolo, un luogo teologico, che spinge a considerare i suoi problemi come problemi di tutti e quelli di tutti nell’ottica di questa zona così importante e significativa del mondo.

Tutto è connesso

Il tema di fondo è in sintonia con la Laudato si’: tutto è connesso, è necessario un approccio integrale ai problemi. Per questo i quattro ambiti affrontati dal testo, sociale, culturale, ecologico ed ecclesiale, sono da considerare nella loro globalità e l’orizzonte deve aprirsi a tutta la Terra e all’intera umanità. L’impoverimento dovuto al consumismo, all’individualismo, alla discriminazione, alla disuguaglianza, sono questioni generali, certo aggravate dalla situazione particolare dell’Amazzonia, riguardano tutti.

L’equilibrio del pianeta, profondamente turbato, come abbiamo visto, dipende da quel vasto territorio, ma non si limita a esso; l’occuparsene e l’amarlo, come invita a fare il Papa, è una spinta per interessarsi del mondo: di quello di ciascuno senza chiudersi nei propri confini. Il messaggio per la Chiesa e tutta l’umanità è di guardare oltre se stessi, spostare il proprio baricentro verso le aree più difficili, come l’Amazzonia, dove si stanno concentrando gigantesche contraddizioni di carattere politico, economico ed ecologico: Francesco invita a esigere cambiamenti radicali, cercare soluzioni nuove, tentare altre vie.

Solo con un approccio simile potranno essere affrontate le problematiche accennate e riproposte nella Giornata mondiale dell’ambiente.

L’allarme, infatti, è stato lanciato già da troppo tempo, si tratta ora di raccoglierlo, sfruttando l’occasione della ripartenza dalla pandemia per chiedere e veder realizzate una serie di misure tese a evitare il raggiungimento del punto di non ritorno dei cambiamenti climatici.

Le iniziative devono procedere in due direzioni: quella delle azioni personali e quella delle scelte politiche.

Ogni persona è interpellata

Ciò che ciascuno può fare trova spunti nella Querida Amazonia, come l’elemento dell’ascolto, della conoscenza e della comprensione delle cose, quello del rispetto e di un atteggiamento contemplativo. Come Francesco si può contestare l’approccio efficientista, tecnocratico e consumista che egli sostiene nei confronti dell’Amazzonia e dei suoi problemi, ma che deve essere utilizzato in generale in rapporto all’economia, alla politica e alle questioni sociali. È significativo poi come il Papa articola i suoi argomenti, non come temi da affrontare, bensì come «sogni»: sogni sociali da applicare a un’ecologia integrale, perché un autentico orientamento ecologico è sempre anche sociale e politico, che «deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (n. 8) e non può essere avulso dalla giustizia.

Uno spunto ulteriore si collega alle «conversioni» auspicate nel Documento finale del Sinodo e che ciascuno ha il compito di realizzare nel suo intimo, nelle idee e nelle azioni: cambiare per tendere sempre di più al bene. Ma siccome le cose non si modificano da soli è importante porre in risalto un altro spunto dell’esortazione: il senso della comunità e del dialogo sociale. La necessità di porsi con gli altri come motori del cambiamento, come luoghi di analisi, riflessione e azione, di lotta comune, di pressione per le istituzioni.

E quindi passiamo al versante più prettamente politico.

Politiche sostenibili

I governanti di tutto il mondo sono stati troppo tiepidi nei confronti dei problemi ambientali e della dimensione sociale a essi collegata. Le scelte politiche connesse allo sviluppo, alla gestione del territorio, sia naturale sia urbano, è necessario siano guidate dalla logica della sostenibilità.

Un compito indispensabile di chi ha responsabilità amministrative è incentivare l’aspetto educativo: non ci può essere un’ecologia integrale senza persone incoraggiate a scegliere stili di vita rispettosi, sani, e fraterni, senza stimolare questi valori a partire dalle giovani generazioni.

E poi bisogna “fare”, avendo visioni e prospettive di lungo periodo, privilegiando percorsi che rispondano alle esigenze di uno sviluppo sostenibile, sotto i profili sociale e ambientale.

Perché, ad esempio, in Italia il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, è stato elaborato da qualche anno, ma non è mai stato approvato e concretizzato?

Qualche segnale positivo sta arrivando, però. Il Green new deal, che sembra essere il criterio ispiratore delle politiche della Commissione europea per i prossimi anni, fortemente sostenuto dal nostro Paese, potrebbe essere l’occasione per una svolta; per un impegno dell’UE e dei suoi stati nella giusta direzione. In Italia, nell’ottica della ripresa, da più parti è emersa l’importanza di una tale prospettiva.

Rendere sostenibile l’economia europea significa trasformare «le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità in tutti i settori politici e rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti»; vuole dire promuovere un uso efficiente delle risorse, favorendo un’economia pulita e circolare, adoperarsi per aiutare la biodiversità, ridurre l’inquinamento. Ciò sarà realizzabile investendo in tecnologie rispettose dell’ambiente, sostenendo l’innovazione, favorendo modalità di trasporto più pulite ed economiche, puntando su forme di energia non inquinanti, agendo per una maggiore efficienza energetica di fabbriche ed edifici.

Un ruolo importante l’Italia e l’Europa lo possono svolgere anche nelle relazioni internazionali, perché siano rispettati gli accordi stipulati e si punti a progressi significativi negli standard ambientali mondiali.

Parallelamente si tratta di agire nei confronti dei cittadini del Continente, e di tutta l’umanità, per affrontare il versante sociale delle problematiche, combattendo le disuguaglianze, puntando a sostenere il rispetto dei diritti umani nel mondo, utilizzando le azioni prima accennate perché diventino non occasione di ricchezza per pochi, bensì opportunità di lavoro e benessere per tutti.

 

 

Le fonti

Il 5 giugno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente poiché fu in tale data che, nel 1972, ebbe inizio la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano svoltasi a Stoccolma, il primo grande evento globale dedicato a comprendere e affrontare le problematiche legate alla tutela dell’ambiente in un mondo che vedeva crescere esponenzialmente i livelli di inquinamento dovuti al crescente impatto delle attività umane. Lo stesso anno, una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU adottava la data del 5 giugno come Giornata Mondiale dell’Ambiente, dando vita altresì a un Programma ambientale denominato UNEP (United Nations Environment Programme). Sul portale delle Nazioni Unite è presente una pagina dedicata alla ricorrenza.

Dati sulla situazione dell’ambiente del nostro pianeta sono di facile reperibilità. Abbiamo prima citato alcuni importanti riferimenti: il Copernicus Climate Change Service, il rapporto Future of the human climate niche, l’Ispra e il suo Annuario dei dati ambientali, il World resources institute. Per non parlare delle grandi organizzazioni nazionali e internazionali che si impegnano sul tema: WWF, Legambiente, Greenpeace, Amici della Terra, la Federazione nazionale Pro Natura, Italia Nostra, solo per ricordarne alcune.

Il testo dell’esortazione apostolica è consultabile e scaricabile a questo indirizzo, e sono stati pubblicati alcuni commenti, tra i quali vale la pena di leggere quello di Antonio Spadaro pubblicato su La Civiltà Cattolica e l’articolo di Stefania Falasca su Avvenire.

Il Documento finale del Sinodo Amazzonia: nuove strade per la Chiesa e per un’ecologia integrale è invece disponbile qui.