Una globalizzazione a misura delle persone

Il commercio e l’economia mondiale sono in una fase di profonda incertezza, in particolare a causa dei dazi.

Cosa sono i dazi

I dazi sono tasse che uno Stato applica sulle merci importate o esportate e servono a regolare il commercio internazionale e hanno effetti sia economici sia politici.

Quindi è un prelievo fiscale applicato sui beni che attraversano le frontiere. Può essere di diversi tipi: all’importazione, tassa su beni che entrano nel paese, che è il più comune; all’esportazione, cioè su quelli che escono dal paese, oggi raro; ad valorem, calcolato in percentuale sul valore della merce (ad esempio il 10% su un’auto da 20.000 € = 2.000 €); infine il dazio specifico: calcolato in base alla quantità (es. 50 € per ogni tonnellata).

I dazi hanno diversi obiettivi: proteggere l’economia nazionale, evitando che le imprese locali vengano schiacciate da merci estere troppo economiche, fare pressione politica e generare entrate per lo Stato. Per contro possono far aumentare i prezzi per i consumatori, ridurre la varietà dei prodotti disponibili, nonché causare ritorsioni, guerre commerciali e danneggiare le relazioni internazionali.

«Homo homini lupus»

L’espressione «l’uomo è un lupo per l’uomo» è attribuita al commediografo latino Plauto, ma diventa davvero centrale nella filosofia moderna grazie a Thomas Hobbes ed è particolarmente importante perché fornisce una delle basi antropologiche e filosofiche del pensiero che influenzerà profondamente la nascita del capitalismo moderno. Ecco i passaggi più significativi.

John Locke sottolinea l’importanza del diritto alla vita, alla libertà e, soprattutto alla proprietà privata, giustificandola, insieme al mercato libero, sul piano morale ed economico. Adam Smith, fondatore dell’economia politica moderna, riprende l’idea hobbesiana dell’interesse personale, ma le fornisce una lettura ottimista.  Nella sua Ricchezza delle nazioni (1776) sostiene che: «Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo la nostra cena, ma dalla loro considerazione del proprio interesse». Qui nasce l’idea che il mercato, lasciato libero, coordina gli egoismi individuali e genera un ordine spontaneo a vantaggio di tutti.

Il capitalismo si fonda su una visione dell’essere umano come individuo razionale, competitivo, proprietario di sé e dei frutti del proprio lavoro: riprende i concetti di conflitto da Hobbes, di difesa della proprietà da Locke e di scambio da Smith. La motivazione all’agire è legata all’interesse personale, l’ordine sociale è guidato dal mercato e dai contratti.

Questa visione è ben riassunta dall’idea che gli uomini sono motivati dal desiderio di accrescere il proprio benessere, anche a scapito degli altri se necessario: homo homini lupus.

Il capitalismo

Con il capitalismo moderno il mondo ha visto certamente una crescita della ricchezza complessiva, il PIL mondiale è cresciuto enormemente, dal 1800 a oggi è aumentato di oltre 100 volte; anche grazie all’incentivo al profitto, che è motore di ricerca e sviluppo, l’innovazione ha migliorato la vita; vi è stato unforte incremento dei commerci internazionali e la globalizzazione ha ridotto i costi, ampliato i mercati e favorito la circolazione di merci, capitali, persone e idee. La povertà estrema si è ridotta: nel 1980 riguardava oltre il 40% della popolazione mondiale, oggi è sotto il 10%. Sono stati favoriti l’istruzione e l’accesso a beni prima impensabili.

Tuttavia, gli effetti non sono solo positivi. Alcuni paesi si sono arricchiti notevolmente mentre altri sono rimasti indietro, le disuguaglianze sono cresciute anche nei paesi ricchi, la distanza tra chi ha molto e chi ha poco si è ampliata: basti pensare che oggi l’1% più ricco possiede circa il 50% della ricchezza mondiale. Inoltre lo sviluppo ha provocato delle esternalità negative: inquinamento, crisi ambientali, come quella climatica; non è terminato lo sfruttamento del lavoro in molte zone del mondo, nei paesi avanzati si assiste alla diffusione del lavoro precario, si sono succedute crisi, il benessere soggettivo non è sempre allineato con il reddito, come dimostra ad esempio il World Happiness Report.

Il sistema nel corso del tempo è cambiato. Nel XIX secolo il capitalismo industriale ha trasformato le società agricole in società urbane e manifatturiere; nel XX secolo dopo la Grande Depressione del ‘29 si è affermato un modello misto (welfare state, Keynes, regolazione pubblica); poi dal 1980 in avanti si è imposto il neoliberismo: meno Stato, più mercato, privatizzazioni, finanziarizzazione dell’economia. Oggi viviamo nel contesto di un capitalismo globale digitalizzato e finanziarizzato, in cui i grandi attori sono multinazionali e piattaforme digitali.

Cooperare conviene

Alcuni studi antropologici mostrano la superiorità della cooperazioni rispetto all’egoismo, perché viene definita più intelligente.

Lo sottolineava perfino Darwin nell’Origine dell’uomo, ipotizzando che le capacità di astrazione e l’etica possano allargare progressivamente il cerchio delle persone delle quali ci occupiamo e con le quali collaboriamo: dalla nostra famiglia all’ambito sociale nel quale viviamo, poi alla nazione intera, fino all’umanità in quanto tale e al resto dei viventi. Dopo un secolo e mezzo, però, non ne siamo stati ancora capaci.

Una risposta: l’economia civile

L’economia civile rappresenta una risposta umanistica e relazionale al capitalismo competitivo fondato sull’individualismo, e offre una prospettiva alternativa anche rispetto alle politiche economiche fondate sui dazi e la chiusura dei mercati.

L’economia civile è una corrente di pensiero economico nata in Italia nel Settecento, con Antonio Genovesi, primo professore europeo di economia politica. Si distingue dalla nascente economia politica anglosassone e propone una visione dell’uomo come essere sociale, cooperativo, capace di virtù.

Contro l’homo oeconomicus del capitalismo classico, l’economia civile sostiene che le persone sono capaci di reciprocità, fiducia, dono e cooperazione; l’impresa può essere non solo profitto, ma anche luogo di relazioni, giustizia e bene comune; la ricchezza vera non è solo monetaria, ma anche relazionale e sociale.

L’economia civile prende posizione nei confronti dei dazi. Essi rafforzano la logica della concorrenza tra Stati, invece che promuovere la cooperazione internazionale; limitano l’accesso ai beni comuni globali, come cibo, farmaci e tecnologia; favoriscono il nazionalismo economico, mentre l’economia civile promuove un’etica della fratellanza tra popoli.

L’economia civile non è contro il mercato, ma oltre il mercato competitivo: propone una visione plurale, cooperativa, inclusiva e sostenibile.

È quanto sostiene papa Francesco nella Fratelli Tutti e con l’iniziativa “Economy of Francesco”, che invita giovani economisti e imprenditori a creare un’economia diversa, che metta al centro la persona, l’ambiente e la giustizia sociale.

E per i dazi?

Possono essere ricercate prospettive differenti, come relazioni economiche fondate sulla giustizia e non sulla forza; come la promozione di un multilateralismo economico, fatto di accordi internazionali equi che tutelino anche i più deboli; la promozione di imprese sociali e cooperative: esempi concreti di un’economia che produce valore sociale.

Forse la politica dovrebbe pensarci.