Nel 1956, ispirata dal sacerdote spagnolo José María Arizmendiarrieta si è costituita la Mondragon Corporation, attualmente il più grande gruppo cooperativo del mondo.
I numeri confermano ciò e sono impressionanti: vi lavorano circa 70.000 soci lavoratori, in una novantina di cooperative presenti in oltre 100 paesi, con un fatturato annuo intorno ai 12 miliardi di euro e un utile superiore al mezzo milione.
La Mondragon è una federazione di imprese cooperative organizzate in quattro aree principali. L’industria, nei settori meccanica, automazione, elettrodomestici, energia, componentistica; la grande distribuzione; la finanza, con servizi bancari e assicurativi; la conoscenza e la formazione, comprendente università, centri di ricerca e sviluppo, formazione professionale.
Al di là dei risultati Mondragon è diventata un riferimento mondiale per il lavoro cooperativo, poiché incarna un modo umano ed egualitario di gestire un’impresa: ogni lavoratore è coinvolto nel destino della sua azienda, ha voce in capitolo nella sua conduzione e riceve una quota di profitti.
La vita
José María Arizmendiarrieta nacque il 22 aprile 1915 nella modesta casa colonica chiamata Iturbe, situata nel portico della Barinaga, nel comune di Markina-Xemein in Biscaglia. I suoi genitori erano José Luis e Tomasa, contadini, e José María era il maggiore di quattro fratelli. All’età di tre anni cadde davanti alla casa colonica, riportando un grave trauma cranico che gli provocò un danno fisico irreparabile alla vista, in quanto perse l’occhio sinistro, che fu sostituito con uno artificiale. All’età di quattro anni iniziò a frequentare la scuola rurale annessa alla parrocchia, finanziata dalle case coloniche e dagli abitanti del quartiere. Le conseguenze dell’incidente influenzarono il suo temperamento, così come l’iperprotezione che sua madre gli dedicò da allora in poi: divenne poco espansivo, timido, silenzioso e osservatore. Era un bambino intelligente con poca forza fisica, appassionato di lettura e, all’età di dodici anni, entrò nel Seminario Minore di Castillo Elejabeitia. Lì iniziò a indossare gli occhiali che nascondevano il suo handicap, come dimostrato da alcune fotografie che lo ritraggono. In seminario scoprì un mondo nuovo, ma rimase fedele alle sue origini, alla terra contadina in cui era cresciuto e dove imparò il valore del lavoro pratico per la sussistenza. Nel 1931 entrò nel Seminario diocesano di Vitoria, da poco inaugurato, al tempo della Seconda Repubblica spagnola, proprio quando riemersero delle problematiche sociali. I seminaristi studiarono l’enciclica Quadragessimo Anno di Pio XI, permettendo al giovane di approfondire i temi sociali nella prospettiva della Dottrina sociale della Chiesa, inoltre alcuni superiori gli trasmisero il valore dell’osservazione critica.
Allo scoppio della guerra civile, nel luglio del 1936, Arizmendiarrieta si trovava nella casa di famiglia di Barinaga, dove si godeva le sue ferie annuali dal seminario, e vi rimase finché non fu mobilitato dal nuovo governo basco, ma il tribunale medico militare certificò la sua inabilità al servizio militare attivo e lo assegnò a un corpo ausiliario, in particolare alla redazione del quotidiano Eguna (Il Giorno). Il giornale in lingua basca era stato creato nel gennaio del 1937 dal nuovo governo per comunicare con la popolazione della regione, e in particolare con i soldati al fronte. L’impostazione era caratterizzata da antifascismo, nazionalismo e da un taglio democratico cristiano con particolare attenzione alle questioni sociali.
Nel giugno del 1937, le truppe ribelli invasero Bilbao e Arizmendiarrieta tentò di fuggire in Francia, ma temendo rappresaglie contro la sua famiglia tornò a Barinaga e fu arrestato a causa di una denuncia, trascorrendo un mese in prigione e rischiando la pena di morte. Fu finalmente rilasciato senza accuse e mobilitato dall’esercito franchista, venendo assegnato al reggimento di artiglieria di Burgos, con il permesso di continuare gli studi di teologia presso il seminario di quella città, poi alla fine dell’anno con l’apertura del seminario di Bergara si trasferì lì per continuare gli studi.
Nel settembre del 1939 tornò al seminario di Vitoria, ove, dopo lo sconvolgimento della guerra civile, emerse come la questione sociale fosse un compito urgente per la nuova generazione di sacerdoti. Il 1° gennaio 1941 celebrò la sua prima messa nella chiesa di San Pedro de Barinaga, venendo assegnato come vice curato alla parrocchia di Mondragon, a 30 miglia dalla sua città natale, che soffriva di insoliti livelli di disoccupazione e tensioni sociali a causa della guerra civile.
A Mondragon fin dal Medioevo il ferro veniva lavorato e già all’inizio del XX secolo prosperava un’efficiente attività industriale, le cui aziende impiegavano 1.500 lavoratori, su una popolazione di 8.800 abitanti. L’azienda più importante era l’Unione dei Fabbri con 800 dipendenti e una propria Scuola di Apprendistato, dove Arizmendiarrieta iniziò a tenere un corso di formazione sociale come cappellano della parrocchia di San Juan Bautista. Questo rapporto con i giovani apprendisti lo portò a rivitalizzare l’Azione Cattolica come centro di svago sociale, culturale e religioso.
Nel 1946, Arizmendiarrieta fece un importante salto di qualità nella formazione, selezionando i migliori undici giovani che avevano completato gli studi del ciclo professionale superiore, perché proseguissero gli studi in Ingegneria industriale. Tra loro vi erano i cinque imprenditori di quella che nel 1956 fu la prima cooperativa, l’ULGOR.
Il 1947 e gli anni successivi furono socialmente convulsi, con rivendicazioni salariali da parte dei lavoratori di diverse aziende, con il sostegno e la partecipazione di Arizmendiarrieta alla preparazione degli scritti, come opere di apostolato sociale. Nel 1952 fu inaugurata la nuova Scuola Professionale Zaldispe, promossa da Arizmendiarrieta. Nell’ambito dei suoi progetti sociali, nell’agosto del 1953 fu posata la prima pietra del nuovo complesso residenziale per i lavoratori del quartiere Makatzena, dopo aver creato l’ente di costruzione benefico “Associazione Casa Mondragon”.
Nel luglio del 1955 le case erano già state completate ed egli promosse la creazione della Cooperativa di Consumatori di San José tra i suoi vicini: si trattava di creare un’alternativa comunitaria ai negozi aziendali esclusivi, come quello del Sindacato dei Fabbri.
All’inizio del 1955 incoraggiò i cinque già citati suoi più stretti collaboratori a creare una nuova società, l’ULGOR e nell’aprile del 1956 benedisse il padiglione dove si insediò la nuova azienda.
Arizmendiarrieta si affidò a giovani talentuosi che conosceva dalla Scuola, partendo dal presupposto che «per creare cooperative bisogna formare i soci». D’altra parte, le nuove imprese furono promosse con una doppia logica: che non esistessero prima nella valle dell’Alto Deba, per evitare di entrare in concorrenza con esse, e che fossero legate alle conoscenze professionali acquisite nel Sindacato dei Fabbri e nella Scuola Professionale.
Nel 1957, dopo il buon avvio rappresentato dall’ULGOR, Arizmendiarrieta, sempre con la partecipazione di ex studenti della Scuola Professionale, promosse la creazione a Mondragon della Cooperativa Industriale Talleres Arrasate per rilanciare un’azienda in bancarotta.
Nel 1958 decise di mettere in pratica un’idea che stava maturando negli ultimi anni, la creazione di enti di credito cooperativo, e all’inizio del 1959 elaborò due progetti preliminari che si sarebbero concretizzati nella creazione di un ente finanziario e di un altro di assistenza. L’obiettivo della Banca del Lavoro era quello di supportare le cooperative industriali e di servizi nei loro investimenti e nella loro crescita e canalizzare i loro profitti e i risparmi dei loro soci.
Analogamente all’ente finanziario, nel giugno del 1959 fu creato l’EPSV (Ente Volontariato di Previdenza Sociale) noto come Lagun Aro per rispondere al bisogno di protezione sociale dei soci della cooperativa, che, in quanto lavoratori autonomi, a differenza dei dipendenti, erano esclusi dal Sistema di Previdenza Sociale Pubblico Generale.
Arizmendiarrieta proveniva da una famiglia di contadini e non comprendeva lo sviluppo sociale senza il settore primario, e dopo la prima cooperativa industriale promosse la cooperativa LANA, integrando i settori zootecnico, agricolo e forestale della valle dell’Alto Deba.
All’inizio del 1961 Arizmendiarrieta iniziò a strutturare l’idea di una nuova Scuola Professionale di livello accademico superiore, sempre nella Valle dell’Alto Deba, con sedi aperte nei tre comuni principali. Come condizione indispensabile per lo sviluppo delle cooperative industriali, desiderava che gli studenti fossero ben formati dai migliori insegnanti in officine e laboratori vicini ai livelli di ricerca e sviluppo dei principali paesi europei. E questo avrebbe facilitato l’interrelazione con le aziende. Nel 1963 iniziarono i lavori per la nuova Scuola Professionale e, sempre nello stesso periodo, sviluppò il Progetto Universitario MEDUO, e inoltre, propose un’università popolare e sociale, attenta all’applicazione pratica del principio di pari opportunità educative, in modo da essere un motore di sviluppo attraverso l’istituzionalizzazione dell’apprendimento permanente. Il progetto si rivelò troppo ambizioso per l’epoca e solo nel 1997 venne istituita l’attuale Università di Mondragón.
Nella Relazione Annuale del Laboral Kutxa del 1961, Arizmendiarrieta spiegò le sue idee sulla cooperazione intra e inter-cooperativa come elemento di solidarietà per il progresso personale e collettivo. Propose un adeguato processo di capitalizzazione per via indiretta e, allo stesso tempo, una formula indispensabile di sviluppo attraverso la concentrazione industriale. I dirigenti dell’ULGOR guidarono e svilupparono l’idea, che portò alla costituzione di un gruppo denominato Ularco: un’unione federale di cooperative, con un orientamento simile ai gruppi di aziende capitaliste, con la differenza che in queste il potere era verticale e configurato dalla maggioranza aritmetica del capitale, mentre nel Gruppo Ularco il potere era radicato in un patto di cessione della sovranità. Uno dei maggiori successi della solidarietà collettiva di Arizmendiarrieta con la creazione del Gruppo nel 1964 fu l’attuazione della “riconversione dei risultati” tra tutti i soci delle diverse aziende cooperative.
Arizmendiarrieta era consapevole della dipendenza tecnologica implicita nell’acquisizione di brevetti all’estero, e, per questo motivo, nei suoi viaggi analizzò le reti di collaborazione tra aziende, università e centri di ricerca come base per lo sviluppo economico e sociale. Nel 1965 iniziò a riflettere sull’importanza della ricerca e dello sviluppo tecnologico, per poi costituire nel 1973 la prima società cooperativa per la ricerca applicata.
Nel 1966, Arizmendiarrieta trascorse una settimana in Francia e fece un altro tour in Germania, visitando diverse cooperative commerciali, di credito, di consumo e industriali, tornando con l’idea che Mondragon avrebbe potuto raggiungere il grado di sviluppo armonico che aveva visto, per il quale era necessario diventare competitivi in aree sempre più vaste. Tutto ciò servì a rafforzare il suo discorso permanente di cooperazione. Quindi le cooperative furono integrate in Gruppi Regionali, come Ularco, in base alla loro prossimità geografica, e nel dicembre 1984 fu creato il Gruppo Cooperativo Mondragón che portò a quella che è attualmente la Mondragon Corporation.
Già nel 1963 Arizmendiarrieta cominciò ad accusare problemi di salute, sicuramente conseguenza dell’intensa attività degli anni precedenti, e nel febbraio del 1967 fu colpito da embolia cardiaca, per la quale fu operato. Dopo alcuni anni, nel gennaio del 1973 fu ricoverato per problemi al cuore a Bilbao, dove gli fu imposto un rigido regime di recupero, e in seguito tornò a Mondragón in uno stato di debolezza. Le sue condizioni erano, tuttavia, irreversibili e nel febbraio del 1974 dovette tornare in ospedale per sottoporsi a un altro intervento chirurgico, dato che la valvola artificiale precedentemente impiantata necessitava di essere sostituita. L’operazione andò bene, ma nei giorni successivi soffrì perché le ferite si infettarono. Ad aprile fu dimesso per tornare a Mondragón, ma dopo diversi ricoveri e dimissioni, all’inizio di novembre del 1976 fu ricoverato al Centro Sanitario di Mondragon, dove i medici decisero di non continuare a curare le sue ferite, per risparmiargli ulteriori sofferenze. La sua morte sopravvenne il 29 novembre.
La sua salma fu esposta per due giorni e migliaia di persone gli resero omaggio. Il 1° dicembre si tennero i funerali, presieduti dal Ministro del Lavoro e officiati da 60 sacerdoti.
È in corso il processo di beatificazione.
Il commento
In un tempo in cui il mondo economico sembra dominato dalla logica del profitto, dell’efficienza a tutti i costi e dell’individualismo sfrenato, la figura del nostro testimone emerge come un punto fermo, una bussola morale, un profeta silenzioso di un’economia diversa. Sacerdote, educatore, innovatore sociale, fondatore spirituale della Mondragon Corporation, Arizmendiarrieta ha incarnato una visione radicale e concretissima: quella di un’economia a misura d’uomo, fondata non sulla competizione, ma sulla cooperazione e sulla giustizia.
La sua testimonianza è tanto più forte perché non gridata. Non ha mai cercato ruoli di potere, non ha lasciato trattati economici o piani di riforma, ma ha cambiato la vita di migliaia di persone attraverso la scuola, il lavoro, il pensiero, la fiducia. Ha seminato comunità economiche dove altri vedevano solo sfruttamento o assistenza. E tutto è partito da un gesto semplice: insegnare ai giovani a credere in sé stessi e negli altri.
Che persona era
Arizmendiarrieta aveva la capacità di vedere lontano, ma anche di agire nel presente. Non si è limitato a sognare un’economia diversa, ha costruito giorno per giorno le basi perché essa diventasse realtà. Sapeva coniugare ideali alti con soluzioni pratiche.
La sua fede nell’educazione era incrollabile. Aveva una straordinaria pazienza nel formare i giovani, trasmettendo non solo competenze tecniche, ma valori, responsabilità e spirito critico. Non cercava seguaci, piuttosto persone autonome, capaci di scegliere e cooperare.
Credeva profondamente nella forza della comunità, nell’importanza di creare legami di fiducia tra le persone. Era ascoltatore, mediatore, promotore di alleanze. Non si poneva al centro, ma aiutava gli altri a crescere insieme.
Mai ha voluto riconoscimenti o incarichi ufficiali nelle cooperative da lui ispirate. Non firmava progetti, non metteva il suo nome davanti alle iniziative. Preferiva il servizio nascosto all’apparenza, l’efficacia al protagonismo. Per lui contava il bene fatto, non il merito riconosciuto. Mise in pratica la sua ideologia operaia attraverso una vita austera: senza stipendio, viaggiando in treno con un biglietto di terza classe o nelle auto degli amici, e spostandosi a Mondragon con la sua modesta bicicletta, come faceva la classe operaia. Ebbe sempre un ufficio piccolo e austero nella Scuola professionale.
La sua grandezza stava proprio nel suo stile discreto e silenzioso, quasi monastico.
La sete di giustizia lo animava in ogni cosa. Non sopportava l’ingiustizia sociale, l’arbitrio del potere economico, la povertà come condanna. Per lui la giustizia non era solo un principio, ma una chiamata all’azione: formare, costruire, cambiare.
La sua spiritualità non era astratta o intimista. Viveva una fede operosa, incarnata nella realtà, nutrita dal Vangelo, ma espressa attraverso l’impegno concreto per la giustizia, il lavoro, la dignità umana. Era un sacerdote che pregava e costruiva.
La sua teologia era quella dei fatti, non solo delle parole.
Educare alla libertà attraverso il lavoro
Per Arizmendiarrieta l’educazione non era un diritto da rivendicare, ma una responsabilità da coltivare. Arrivato a Mondragón negli anni ’40, trovò una città segnata dalla povertà, dall’ignoranza e da un’economia dominata da pochi. La sua risposta fu immediata: fondare una scuola tecnica dove i giovani potessero imparare un mestiere, ma anche a pensare, decidere, costruire comunità. Per lui, l’educazione era il primo vero atto economico: creare persone capaci di agire in modo libero e solidale.
Non si trattava solo di insegnare un lavoro, ma di formare cittadini e cooperatori, persone capaci di costruire un’economia non come competizione, ma come alleanza.
Un modello che mette la persona al centro
La cooperativa, per lui, non era un’eccezione o un compromesso, era la forma naturale dell’impresa giusta, dove il capitale non domina il lavoro, ma lo serve, dove i lavoratori non sono strumenti, ma protagonisti, soci, co-proprietari. Ogni cooperativa, nella sua visione, era una piccola comunità dove si viveva la democrazia economica, dove le decisioni venivano prese insieme, dove i risultati venivano distribuiti in modo equo e solidale.
Questa visione ha dato vita a un sistema imprenditoriale che ancora oggi funziona, cresce e ispira. Le cooperative di Mondragon non sono aziende “buoniste”: sono competenti, tecnologiche, globali. La loro forza sta nel fatto che non tradiscono i principi da cui sono nate. E nei momenti di crisi, non licenziano, ma ricollocano. Non chiudono, ma si aiutano a vicenda.
Un’economia che parla il linguaggio del Vangelo
Il pensiero di Arizmendiarrieta affonda le radici nella Dottrina sociale della Chiesa, ma parla un linguaggio universale: quello della dignità umana. Nelle sue parole e nelle sue azioni risuonano i temi che oggi papa Francesco rilancia con forza: il lavoro come vocazione, l’impresa come bene comune, la finanza al servizio dell’economia reale, la cooperazione tra popoli e imprese come alternativa alla globalizzazione dell’indifferenza.
In un mondo che si interroga sulla sostenibilità del nostro modello economico, la sua figura non è solo ispirazione: è un punto di partenza concreto. Perché ciò che ha fatto, non lo ha solo sognato: lo ha costruito con pazienza, con coerenza, con fede. Ed è questo a renderlo oggi credibile per credenti e non credenti: ha dimostrato che un’economia diversa non è solo necessaria, è possibile.
Un profeta discreto, un modello per il futuro
Oggi il suo nome è poco noto, eppure la sua opera parla ogni giorno attraverso le migliaia di persone che lavorano nelle cooperative di Mondragon. Il processo di beatificazione aperto dalla Chiesa è il segno che la santità può prendere forma anche nel mondo del lavoro, nei gesti quotidiani di chi educa, amministra, progetta, costruisce insieme agli altri.
In tempi segnati dalla sfiducia e dalla solitudine sociale, José María Arizmendiarrieta ci ricorda che non esiste cambiamento vero senza relazione, condivisione e cura reciproca. Non ci salva un leader carismatico o un algoritmo, ma una comunità di persone formate, responsabili e solidali.
La sua vita ci chiede: vogliamo continuare a costruire un’economia che divide, o vogliamo prenderci sul serio e praticarne una che unisce? La risposta, ancora una volta, non sta nei grandi discorsi, sta nei piccoli atti quotidiani di giustizia, competenza e fiducia.
E in fondo, è proprio questo il miracolo più grande di Arizmendiarrieta.
Le fonti
José María Arizmendiarrieta è probabilmente un personaggio poco noto, ma per conoscerlo meglio gli strumenti non mancano, anche se in numero non rilevante: biografie, documentari, saggi accademici, siti ufficiali e anche testimonianze dirette della sua opera.
Tra i libri e i saggi è importante citare Arizmendiarrieta: Pensamiento y Acción, a cura della Fondazione che prende il suo nome, un testo fondamentale per capire la sua visione spirituale, sociale ed economica, ricco di citazioni e analisi del suo pensiero; Mondragon: The Story of an Economic Miracle, di William Foote Whyte e Kathleen King Whyte, uno studio sociologico sul modello cooperativo di Mondragon e sulle sue radici, con numerosi riferimenti alla figura di Arizmendiarrieta; Humanizar la economía. El cooperativismo transformador de José María Arizmendiarrieta, di José Ramón Recalde, un’approfondita analisi del contributo etico e sociale del sacerdote basco.
Per quanto riguarda i siti web e gli archivi digitali il primo riferimento è la già citata Fundación Arizmendiarrieta, il sito ufficiale dedicato alla sua figura, che contiene biografie, video, articoli, discorsi e aggiornamenti sul processo di beatificazione; mentre il secondo è quello della Mondragon Corporation – Sezione storia e valori, che include cenni storici sulla nascita del movimento cooperativo da lui promosso. Utile per un primo approccio, con collegamenti a fonti esterne è Wikipedia (EN/ES/IT) – Voce: José María Arizmendiarrieta
Video e documentari sono a disposizione, anche se soprattutto in spagnolo, come Arizmendiarrieta: el hombre cooperativo, un documentario visibile su YouTube che ripercorre la sua vita con interviste e testimonianze; Rai Cultura gli ha dedicato un interessante documentario che presenta il modello cooperativo di Mondragon, con riferimenti alla figura del fondatore spirituale Mondragon, un’altra economia è possibile”.
Sono poi rintracciabili articoli e approfondimenti online di Avvenire, L’Osservatore Romano, Famiglia Cristiana, Aggiornamenti Sociali, Il Regno, e testate spagnole come El País e Deia che hanno pubblicato articoli su di lui in occasione di anniversari o iniziative sulla sua beatificazione.
Nei database come Google Scholar, Dialnet (per testi in spagnolo) o Academia.edu si possono trovare tesi e ricerche prodotte da alcune università spagnole e latinoamericane dedicate a Mondragon e ad Arizmendiarrieta.
Come tradizione ecco alcune citazioni significative del nostro testimone.
«Il lavoro è un percorso verso la realizzazione personale e comunitaria, il perfezionamento individuale e il miglioramento collettivo; è l’esponente di una coscienza sociale e umanistica più innegabile».
«Il lavoro è prima di tutto, sia un servizio alla comunità che un percorso verso lo sviluppo personale».
«La cooperazione è un modo di vivere, di essere, di lavorare, di organizzare la vita, di essere persone».
«Non si tratta solo di lavorare per vivere, ma di vivere per costruire insieme qualcosa che valga».
«La persona è la misura di tutte le cose».
«La persona è più importante del profitto. Il profitto deve servire la persona, non dominarla».
«Non possiamo rassegnarci a un’economia che emargina e disumanizza».
«Il capitale deve essere al servizio del lavoro, e non il contrario».
«La cooperazione non è solo un modo di lavorare, è un modo di vivere».
«La vera ricchezza di una cooperativa sono le persone, non le macchine».
«L’impresa deve essere scuola di democrazia, laboratorio di giustizia e palestra di solidarietà».
«Educare è seminare. E chi semina con amore raccoglie futuro».
«Il nostro compito non è creare dipendenza, ma promuovere responsabilità.»
«Senza giustizia sociale non c’è pace duratura».
«Senza una visione si sopravvive. Con una visione si costruisce».
«L’istruzione è il primo passo verso la libertà sociale ed economica».
«Non basta fare il bene: bisogna creare le condizioni perché il bene possa diventare struttura».
«La distanza nel tempo nobilita i grandi e sbiadisce le vanità della moda».