Nel 2024 sono stati circa 242 milioni i piccoli studenti di 85 paesi che hanno dovuto interrompere gli studi per le condizioni metereologiche estreme che li hanno visti coinvolti. La stima, prudente per chi l’ha diffusa, è stata fatta dall’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia, ed è contenuta in un rapporto nel quale si deplora anche la scarsa attenzione su questo aspetto trascurato della crisi climatica.
La causa principale è stata individuata nelle ondate di forte calore che hanno colpito molte aree del pianeta. Con quali effetti? In primo luogo il rapporto pone in risalto il fatto che i bambini sono più vulnerabili alle condizioni metereologiche estreme, infatti la direttrice esecutiva dell’Unicef ha commentato: «I bambini non riescono a concentrarsi in aule che non offrono tregua dal caldo soffocante e non possono andare a scuola se il percorso è allagato o se le scuole vengono spazzate via».
Concretamente gli studenti di ogni ordine di scuole hanno dovuto subire lezioni sospese, vacanze spostate, riaperture fatte slittare, orari modificati e strutture scolastiche danneggiate o addirittura distrutte. I paesi più colpiti sono stati in particolare quelli asiatici come Bangladesh, Cambogia, India, Thailandia e Filippine.
Peccato che tale situazione vada contro uno dei quattro principi fondamentali della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, per la quale ogni bambino deve poter andare a scuola.