Jacques Delors: per un’Europa sociale

Poco meno di un anno fa, il 27 dicembre del 2023, è morto Jacques Delors, economista, politico francese, che ha guidato la Commissione Europea per tre mandati, dal 1985 al 1995. È stato una figura di spicco nel panorama del Continente e sulla scena mondiale, un personaggio chiave nella storia dell’integrazione europea.

In una fase difficile è importante ricordarne idee ed esperienze che possono essere utili per una visione del futuro dell’UE.

La vita

Jacques Lucien Jean Delors nacque a Parigi il 20 luglio 1925 in una famiglia cattolica di classe media, suo padre era un impiegato della banca centrale e la sua educazione ha influenzato profondamente il suo senso del dovere sociale e l’impegno politico. Si laureò in scienze economiche presso l’Università della Sorbona per poi lavorare alla Banca di Francia dal 1945 al 1962, prima come capo servizio e poi come membro del gabinetto del direttore generale dei titoli e del mercato monetario. Nel 1948 si sposò con Marie Lephailleux e la coppia ebbe due figli, Jean-Paul che morì nel 1982 e Martine Aubry, dal cognome del marito, nota politica francese che è stata ministra del Lavoro e leader del Partito Socialista Francese, proseguendo l’impegno della famiglia nella vita pubblica.

Tra il 1959 e il 1961 fece parte della sezione della pianificazione e degli investimenti del Consiglio economico e sociale della repubblica francese. Nel 1962 venne nominato capo servizio per gli affari sociali e culturali nel Commissariato generale per la pianificazione, ruolo che svolse fino al 1969. Durante quegli anni Delors si avvicinò anche al mondo sindacale, diventando consigliere economico della Confédération française des travailleurs chrétiens.

Dal 1969 al 1972 fu consigliere economico del primo ministro Jacques Chaban-Delmas, dal 1973 al ’79 fu un componente del Consiglio generale della Banca di Francia e nello stesso periodo insegnò all’École nationale d’administration e all’Università Parigi IX.

Agli inizi della sua attività politica Delors fu vicino ai democratici cristiani di orientamento sociale, fece parte del movimento cattolico di ispirazione personalista La vie nouvelle, importante per la formazione della cosiddetta “seconda sinistra” francese, e nell’ambito di quel movimento fondò nel 1959 il gruppo di discussione e la rivista Citoyens 60, che diresse fino al 1965.

Negli anni ‘70 aderì al Partito socialista guidato da François Mitterrand, partecipando alla redazione del programma elettorale di quest’ultimo in occasione delle elezioni presidenziali. Dal 1976 al 1981 fu responsabile nazionale del partito per le relazioni economiche internazionali e nel 1979 entrò nel comitato direttivo del partito.

In occasione delle prime elezioni del Parlamento europeo fu eletto e divenne presidente della commissione per gli affari economici e monetari, dimettendosi poi nel maggio 1981 quando divenne Ministro dell’Economia e delle Finanze, carica che ricoprì fino 1984. Nell’incarico si distinse per le sue politiche economiche moderatamente riformiste, che miravano alla crescita economica, a controllare il deficit pubblico senza sacrificare le conquiste sociali e a riformare il sistema finanziario.

Dopo le elezioni del nuovo Parlamento europeo Jacques Delors divenne Presidente della Commissione Europea, guidandola per un decennio.

Durante quegli anni furono realizzati una serie di importanti obiettivi. In primo luogo nacque il Mercato Unico Europeo, che ha facilitato la libera circolazione di merci, persone, capitali e servizi tra i Paesi membri. Venne avviata l’Unione Economica e Monetaria: integrazione che avrebbe poi portato alla creazione dell’euro. Nel 1989 il cosiddetto Rapporto Delors delineò il percorso verso una moneta unica, che sarebbe stato formalizzato con il Trattato di Maastricht del 1992. Il suo contributo è stato fondamentale nel superare le resistenze politiche e tecniche verso una maggiore integrazione monetaria. La terza importante prospettiva è stata la valorizzazione della dimensione sociale dell’Europa, che doveva accompagnare l’integrazione economica. Si trattava di rafforzare le politiche sociali e i diritti dei lavoratori, promuovendo iniziative come la Carta sociale europea del 1989, che stabiliva principi comuni per garantire la protezione dei lavoratori e promuovere condizioni di lavoro più eque.

Dopo aver lasciato la Commissione nel 1995, Delors si ritirò dalla politica attiva, rinunciando anche a una possibile candidatura alla presidenza della Repubblica, ma non dalla vita pubblica, continuando a far parte del suo Partito e intervenendo nel dibattito nazionale ed europeo. Nel 1996 fondò il think tank Notre Europe, un centro studi dedicato a promuovere il dibattito sull’integrazione europea e a sostenere l’idea di un’Europa più unita, da lui presieduto fino al 2004.

Nel 2004 firmò una petizione per elaborare un “Trattato sull’Europa sociale”, l’anno successivo sostenne l’approvazione della costituzione europea nel referendum francese e nel 2007 si espresse a favore di una “Comunità europea dell’energia”. Nello stesso anno collaborò alla realizzazione degli “Stati generali dell’Europa” a Lille e nel 2010 sostenne la creazione del Gruppo Spinelli.

Continuò anche ad assumersi responsabilità pubbliche: dal 1995 al 1998 presiedette la “Commissione per l’educazione per il XXI secolo” dell’UNESCO; tra il 1995 e il 1999 fu presidente del consiglio di amministrazione del Collegio d’Europa e presiedette il Conseil de l’emploi, des revenus et de la cohésion sociale dal 2000 al 2008.

Mantenne anche un impegno attivo in questioni etiche e spirituali, collaborando con il Consiglio Ecumenico delle Chiese, e continuando a esprimere preoccupazioni riguardo al futuro dell’UE, in particolare sulla necessità di un maggiore coinvolgimento dei cittadini.

Come accennato, è deceduto il 27 dicembre 2023 nella sua casa di Parigi all’età di 98 anni.

Il commento

Jacques Delors ha riassunto il suo pensiero storico, in particolare, nelle sue Memorie, con la famosa formula: «La sopravvivenza o il declino». Questo approccio, non privo di pessimismo, è dovuto principalmente al fatto che egli apparteneva alla generazione che ha vissuto la Seconda guerra mondiale e nacque poco dopo la fine della Prima, nella quale suo padre fu gravemente ferito. Questi due conflitti hanno ispirato il suo pensiero europeista, alimentato dal personalismo di Emmanuel Mounier, preoccupato che i valori del continente a cui era legato trovassero ancora spazio nel futuro: o si riusciva a costruire l’Europa e far crescere i suoi valori e il modo di vivere insieme, oppure al contrario la storia li avrebbe condannati. Ovviamente il suo progetto politico fu profondamente guidato dalla sua fede e dai riferimenti culturali relativi, come pure dalla collocazione nell’ambito della socialdemocrazia.

L’economista

Le sue concezioni economiche, ma anche quelle sociali e politiche, possedevano come riferimenti le due culture che lo ispirarono. Sostenne sempre l’idea che non può esistere una politica sociale senza crescita economica, e questa richiede un certo grado di pianificazione e regolamentazione, nonché un dialogo sociale tra parti sociali responsabili. Riconosceva l’efficienza dei mercati come pure la necessità di correggerli. Con tale presupposto rilanciò e promosse il mercato unico europeo, convinto che una maggiore concorrenza su scala continentale avrebbe permesso di ottenere aumenti di produttività, e quindi di generare più crescita e maggiore benessere, ma accompagnando allo stesso tempo questo approccio con una politica di dialogo sociale e di ridistribuzione tra le regioni più ricche e quelle più povere attraverso il bilancio dell’UE.

La sua concezione dell’Europa

Il suo pensiero si può sintetizzare nell’espressione «federazione di Stati nazionali». Per lui accostare questi due concetti opposti, federazione e stato nazionale, era la soluzione al progetto dell’Europa unita. Ritiene che gli europei debbano essere legati attraverso i loro popoli e i loro stati. Una conseguenza istituzionale di tale concezione si manifestò nel prestare la stessa attenzione ai capi di stato e di governo e al Parlamento europeo, considerato l’espressione e il rappresentante dei popoli. È stato il primo presidente della Commissione a considerare il Parlamento come un interlocutore serio e maturo, come dimostrato dal comunicare all’assise come prima destinataria, l’annuncio delle sue iniziative più importanti. Allo stesso modo, nella sua prassi istituzionale, si è sempre collocato in un dialogo che ponesse in relazione il Consiglio, concepito come luogo di rappresentanza degli Stati membri, il Parlamento, riconosciuto come espressione dei popoli, e la Commissione, che però si è guardato bene dall’identificare come un vero e proprio governo europeo.

L’integrazione

Delors ha concepito tale elemento come risultato dell’apporto di tre dimensioni, storica, politica e istituzionale, considerato come necessità ineludibile e con un valore etico. Tale visione era accompagnata da una lucida strategia e dalla pianificazione di itinerari volti alla realizzazione degli obiettivi, pur con la capacità di correggere la rotta, quando necessario.

Un esempio significativo fu il percorso per creare il mercato unico: obiettivo, fissato già nel 1985, volto a eliminare le frontiere entro il 1992. Tale scopo implicava l’armonizzazione o il riconoscimento reciproco di norme e regolamenti le cui differenze tra i paesi giustificavano i controlli alle frontiere, nonché l’erogazione di fondi, per i quali era necessario aumentare le risorse del bilancio comunitario. L’Atto unico del 1986, probabilmente il migliore dei trattati europei, ha posto le basi per tutto questo.

Proseguire verso il mercato unico richiedeva anche un’unione economica e monetaria, per evitare che la svalutazione delle singole monete non fosse elemento di distorsione della concorrenza: obiettivo raggiunto all’epoca di Maastricht.

Terminata la presidenza lasciò come eredità il Libro Bianco, che indicava alcune linee importanti per il futuro, tra le quali la necessità, intuita con grande anticipo, di dotare l’UE di infrastrutture digitali, che lui chiamava «autostrade dell’informazione».

Ambientalista ante litteram

Molto moderno, e significativo, il suo considerare a partire dagli anni ’90 la dimensione ambientale come condizione per una crescita sostenibile. Sebbene fosse inizialmente scettico nei confronti del movimento ambientalista, la catastrofe di Chernobyl nel 1986 e la sua partecipazione al Vertice della Terra di Rio nel 1992 lo convinsero, ben prima di molti leader politici, della necessità di collegare la crescita con misure di protezione dell’ambiente, del clima e della biodiversità, allo stesso modo delle misure di protezione della coesione sociale e territoriale.

Di nuovo un esempio è il suo visionario progetto di «carbon tax» del 1992, che non superò il test del Consiglio europeo, poiché per la tassazione diretta era necessaria l’unanimità, come purtroppo vale ancora oggi.

I rapporti internazionali

Delors seppe mantenere una posizione di equilibrio tra gli stati dell’UE, contribuendo al superamento delle divergenze politiche e promuovendo il compromesso. Riuscì a stabilire stretti rapporti con leader di spicco quali Helmut Kohl, il cancelliere tedesco, e François Mitterrand. Sotto la sua guida, l’Unione è riuscita a espandersi verso Est, accogliendo nuove nazioni e rafforzando la propria posizione internazionale.

Il suo atteggiamento nei confronti degli USA fu prudente, con l’obiettivo costante di rafforzare nella grande nazione oltre oceano la convinzione dell’importanza e del ruolo dell’Europa unita, portatrice di interessi propri che potevano non coincidere con quelli statunitensi.

Uno stile peculiare

Per raggiungere gli obiettivi che si prefissava metteva in atto un modo di fare caratterizzato dalla capacità di condividere la sua visione e i suoi progetti con i leader e l’opinione pubblica.

Chi ha analizzato tale stile pone in risalto la combinazione di due componenti, da una parte la cultura dell’ascolto e della mediazione, insieme a una sorta di astuzia consistente nel rivelare solo nei momenti cruciali le condizioni che gli interlocutori dovevano accettare. Il tutto esposto con una forte attenzione alla “narrazione”, a rendere comprensibili concetti astratti e a semplificare meccanismi complicati. Tutto ciò come prodotto di un lavoro duro e approfondito cui seguiva l’abilità di presentarne il prodotto in modo accattivante

Riflessioni e osservazioni

Delors viene elogiato per la sua visione e abilità politica, ma alcuni critici hanno sostenuto che l’enfasi sull’integrazione economica non è stata accompagnata da un’adeguata attenzione alla legittimazione democratica dell’UE, come pure la sua insistenza su una maggiore integrazione ha sollevato preoccupazioni nei paesi più euroscettici, che temevano una perdita di sovranità nazionale.

Un’ulteriore debolezza è individuata in una non sufficientemente solidità di fronte alle forze della globalizzazione, come sperimentato, ad esempio, durante la crisi finanziaria del 2008. Delors aveva individuato tale problematica fin dall’inizio dell’Unione economica e monetaria, all’epoca del Trattato di Maastricht, facendo notare ai leader europei che era stata creata un’unione in definitiva molto monetaria e troppo poco economica.

La questione di fondo è che l’integrazione economica non ha portato a quella politica e che un certo deficit democratico, oggi più che mai avvertibile, non riguarda, paradossalmente e come invece spesso segnalato, le istituzioni, ma il popolo, i popoli europei: manca, in parole povere, il senso di appartenenza, la coscienza di essere uniti, seppure nelle differenze, come invece dovrebbe essere.

Eredità

Jacques Delors è ricordato come uno dei maggiori fautori dell’integrazione europea, grazie alla sua visione di un’Europa forte economicamente e socialmente. La sua eredità continua a influenzare i dibattiti sull’UE, e le sue idee rimangono un punto di riferimento per chi vuole promuovere una maggiore unità politica e sociale.

Il dato di fatto è che l’integrazione europea appare più necessaria oggi rispetto ai tempi di Delors, ma più difficile.

La sua passione per l’Europa e per il benessere delle persone che la abitano dovrebbe essere la passione con la quale tutti gli europei si dovrebbero impegnare per costruire una vera unità.

Le fonti

Approfondire la figura del nostro testimone è semplice e innumerevoli sono gli strumenti da utilizzare, sia cartacei sia sul WEB. Inoltre egli ha scritto numerosi libri pubblicati anche in italiano e tra questi un suggerimento può essere la lettura di Memorie scritto insieme a Jean-Louis Arnaud e pubblicato nel nostro Paese nel 2008. In rete sono disponibili numerosi video con interviste e notizie su di lui.

Nella sua vita ha ricevuto numerosi riconoscimenti francesi e internazionali, tra cui il prestigioso Premio Carlo Magno nel 1993, per il suo impegno nel processo di costruzione europea.

Come sempre concludiamo con alcune citazioni del nostro testimone.

«È impossibile costruire l’Europa solo sulla deregulation […] Il 1992 è molto più della creazione di un mercato interno che abolisce le barriere alla libera circolazione di beni, servizi e investimenti […] Il mercato interno dovrebbe essere progettato per avvantaggiare ogni singolo cittadino della Comunità. È quindi necessario migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori e fornire una migliore protezione per la loro salute e sicurezza sul lavoro […] L’Europa ha bisogno di te».

«Il mio obiettivo è che prima della fine del millennio l’Europa abbia una vera federazione. La Commissione dovrebbe diventare un esecutivo politico in grado di definire interessi comuni essenziali […] responsabile di fronte al Parlamento europeo e di fronte agli stati nazionali rappresentati come si preferisce, dal Consiglio europeo o da una seconda camera dei parlamenti nazionali».

«[Solo il federalismo] consente il controllo democratico e può punire gli abusi di potere. Solo il federalismo può garantire il rispetto del carattere nazionale e della varietà regionale. […] La primavera dell’Europa è ancora davanti a noi».

«Ho una passione per la riforma, per il progresso dell’uomo e della società. Non sopporto la sensazione di essere inutile».

«Ciò che alcuni percepiscono come un costo si rivelerà un vantaggio competitivo per l’Europa, poiché aiuterà a mantenere una forza lavoro ben formata, sicura e aperta al cambiamento».

«I politici che attaccano il sogno di un’Europa federale sono dei bigotti razzisti intenzionati a minare la libertà e la pace del continente».

«Le auto sono libere di circolare ma ci sono comunque dei limiti di velocità, quindi non vedo perché, a livello internazionale, non dovremmo studiare dei modi per limitare i movimenti monetari. I banchieri non possono agire a loro piacimento. […] Perché non dovremmo elaborare delle regole del gioco?».

«Se non riusciremo a realizzare l’unione politica […] allora riprenderà il declino storico dell’Europa iniziato con la prima guerra mondiale». «L’Europa è un gigante commerciale e una potenza economica di primo piano, ma è un nano politico».