Tonino Bello: un pastore che marciò contro la guerra

Non è necessario occupare posti di grandissimo rilievo per essere ricordati e di esempio, è necessario vivere bene, fino in fondo, la propria missione, compiere gesti significativi perché è giusto farli, comportarsi con semplicità e umiltà.

È per questo che ancora oggi, a distanza di trent’anni, la figura di don Tonino è ancora di grande attualità.

La vita

Antonio Bello nacque ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935. Concluso il ciclo formativo delle elementari, entrò nel Seminario Vescovile di Ugento per poi proseguire la formazione seminariale e liceale presso il Seminario Regionale di Molfetta. Nel 1953 fu inviato a Bologna, presso il Seminario dell’Opera Nazionale Assistenza Religiosa e Morale degli Operai per la formazione dei Cappellani del Lavoro, dove visse un’esperienza profonda a contatto con il mondo del lavoro e i lavoratori. Nel capoluogo emiliano ricevette dalle mani del cardinal Lercaro gli ordini minori e l’ordinazione diaconale; il suo vescovo, monsignor Ruotolo, lo ordina presbitero l’8 dicembre 1957 nella sua Alessano. Completò la Licenza in Teologia presso il Seminario di Venegono (Milano) e il Dottorato in Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Lateranense.

Nel 1958 fu nominato dapprima insegnante, vicerettore e poi Rettore del Seminario di Ugento. Dopo vent’anni vissuti intensamente in seminario nel 1978 divenne amministratore della parrocchia del S. Cuore della stessa città e, dal 1979 al 1982, fu parroco a Tricase. Svolse anche l’incarico di Assistente dell’Azione Cattolica diocesana, Canonico della Cattedrale, predicatore e organizzatore di incontri culturali. Antonio, chiamato da tutti “don Tonino”, intende la parrocchia quale luogo di dibattito sociale e culturale per formare coscienze libere e critiche.

Il 10 agosto 1982 San Giovanni Paolo II lo nominò Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi. Il suo ministero episcopale fu animato da grande amore per Cristo, dalla passione per l’evangelizzazione e per la giustizia, dalla predilezione e l’impegno per gli ultimi. Lottò accanto ai disoccupati delle Acciaierie Pugliesi di Giovinazzo, aprì la sua casa agli sfrattati e il 1985 a Ruvo fondò la Comunità di Accoglienza e Solidarietà Apulia, che nel suo acrostico suona col nome familiare di C.A.S.A., a indicare che il recupero di tossicodipendenti passa per un recupero di tutta la persona.

Nel 1985 venne nominato Presidente nazionale del Movimento Pax Christi, in cui si impegnò attivamente nella sensibilizzazione a favore dell’obiezione fiscale contro le spese militari e contro il piano di militarizzazione della Puglia, nonché per la pace a livello nazionale durante la prima “Guerra del Golfo” e il conflitto nella ex-Jugoslavia.

Fu costantemente vicino alla sua gente, attento alle richieste di tutti i bisognosi, sollecito nei confronti dei sacerdoti, immerso nelle problematiche del territorio, ma con uno sguardo sempre aperto al mondo, soprattutto ai diseredati e alle vittime della guerra, testimoniando il Vangelo come segno di contraddizione.

Nel dicembre 1992, durante la guerra nei Balcani, il Servo di Dio, benché già malato di cancro allo stomaco, si fece ispiratore e guida di persone credenti e non, di differenti nazionalità, unite dall’obiettivo di sperimentare “un’altra ONU”, mostrando la possibilità di vivere nella concordia, entrando come pellegrino di pace nella Sarajevo devastata dalla guerra in corso. Morì a Molfetta il 20 aprile 1993. 

Il 27 novembre 2007 Mons. Luigi Martella, suo successore nella diocesi, avviava l’iter della Causa di Canonizzazione di don Tonino Bello presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Nel 2018 Papa Francesco in occasione del venticinquesimo anniversario della nascita del Servo di Dio, dopo aver pregato sulla sua tomba, ha celebrato l’Eucarestia sul porto di Molfetta nello stesso luogo dei suoi funerali; il 25 novembre 2021 lo ha dichiarato Venerabile.

Il commento

Ci sono persone famose che ostentano, anche nei particolari più banali, una loro finta umiltà, don Tonino lo è stato veramente umile, a partire da qual modo di farsi chiamare, anche da vescovo e dalla croce di legno. Era un modo di andare all’essenziale, tralasciando tutto il resto, come ha sempre dimostrato in tutta la sua vita: puntare all’essenza. Iniziando dal cuore della fede, Gesù Cristo, che è il criterio con cui capire la sua personalità, il suo impegno e il suo ministero: l’attenzione ai poveri, lo spendersi per la pace, la carica profetica, la riserva di speranza, il sorriso, mai mancato anche in quelle foto che lo ritraggono smagrito e invecchiato dalla malattia.

L’importanza della formazione

Come in tutti i testimoni presentati, di fondamentale importanza sono le esperienze e le persone incontrate negli anni della crescita. Per don Tonino sono molti e differenti tra di loro.

Innanzitutto la famiglia, con il ruolo fondamentale della mamma e la perdita del padre; l’ambiente nel quale visse da bambino, un mondo contadino, povero, il parroco che ne intuì le potenzialità, il mare. Poi il vescovo che lo trasferì a Bologna per i cinque anni di teologia affiancati da un’esperienza profonda di conoscenza del mondo operaio, nonché l’esempio e la statura di pastore del cardinale Lercaro. Negli anni successivi importanti furono gli studi superiori e l’esperienza conciliare a fianco del suo vescovo, con l’aria di rinnovamento che fece sua.

Un teologo, un intellettuale, con i piedi per terra

Colpisce di lui la formazione teologica di alto livello, il massimo negli studi, il dottorato, unito a una capacità di affrontare le situazioni concrete, alla semplicità, alla capacità di parlare per immagini, così farsi capire da tutti.

Una grande cultura e insieme all’attitudine pastorale ed educativa.

Poi la sua passione per lo sport, soprattutto il nuoto, la pallavolo e il calcio, che diffonde nei giovani e che lo porta a diventare arbitro superando i relativi esami. La musica, con la fisarmonica che continuò a suonare anche da vescovo.

Nella sua vita pastorale fu sempre pronto ad affrontare le problematiche concrete delle persone, arrivando, cosa insolita in quegli anni, a partecipare a manifestazioni e scioperi, impegnandosi a rispondere a esigenze pratiche come quelle di una casa o di un pasto.

Come presidente di Pax Christi si misurò con questioni scottanti quali l’obiezione di coscienza al servizio militare, l’obiezione fiscale, la lotta per la pace contro la guerra, il confronto e lo scontro con lo Stato e la stampa.

Un vescovo in mezzo al suo popolo

Don Tonino lo ripeteva spesso: compito del pastore non è di stare davanti o dietro alla sua gente, alle persone della diocesi, ma in mezzo. Egli è stato davvero un buon pastore che conosce le sue “pecore”, che le ama, nella concretezza del quotidiano. E lo fa seguendo l’esempio di Gesù, che entra nelle case, nei luoghi in cui si vive, si lavora, si soffre, ci si incontra. Per lui stare con gli altri non era una perdita di tempo, ma kairos, tempo di salvezza e di grazia, tempo speso bene, perché è passato con semplicità accanto a chi ha bisogno di aiuto, di una parola, o soltanto di avere qualcuno accanto. Ecco, il suo era il desiderio, il suo “stile”, di incontrare, sul serio, le persone, chiamandole per nome: era una caratteristica e un punto d’orgoglio per lui ricordare il più possibile i nomi di coloro che aveva davanti. E con i nomi le loro storie, i legami, il passato e i loro sogni.

A partire da chi sembrava “vinto”, gli scartati, gli ultimi.

Le visite pastorali rappresentarono un’importante occasione di dialogo e conoscenza delle realtà della quali era vescovo, nonché di verifica delle attività parrocchiali; il rapporto proseguiva costante con l’utilizzo del settimanale diocesano attraverso le lettere inviate alle varie comunità.

Don Tonino e la politica

Un aspetto, certo marginale, ma che da queste pagine è importante sottolineare, è il suo atteggiamento nei confronti dei politici e della politica.

È sempre stato attento alle vicende dell’amministrazione della cosa pubblica e a chi gli chiedeva una definizione di quel che dovrebbero essere i politici rispondeva: «operatori di pace», certo nell’accezione più ampia del concetto, come condizione per una vita piena e realizzata.

Ebbe un costante rapporto con il mondo politico locale, spesso dialettico e acceso, al punto che gli incontri organizzati ogni Natale vedevano sempre meno amministratori pubblici coinvolti, per cui don Tonino sospese tali appuntamenti, sostituiti dall’invio a ciascuno di un nastro con un breve discorso registrato!

Si pronunciò spesso sulle tematiche politiche, ad esempio affermava: «Oggi il vostro mestiere è fra i più ingrati e incompresi», e ancora, «quando si parla di voi la gente corruga la fronte, ricorre alla battuta convenzionale, si sente autorizzata dal tacito consenso generale ad avanzare giudizi pesanti e, bene che vada, l’aggettivo più innocuo che appone alla parola “politica” è quella di “sporca”». Ma usava tonalità più aspre quando analizzava da vicino la realtà politica locale, invitandola alla “sobrietà comunitaria”.

In generale diceva che «I partiti si sono ubriacati», «non è più lo stato sociale, ma lo stato dei partiti. È urgente che i partiti si disintossichino dall’ubriacatura». E rivolgendosi ai politici domandava: «Chi state servendo, il bene comune o la carriera personale? Il popolo o lo stemma? Il municipio o la sezione? Il tricolore o la bandiera del partito? Un giorno il Signore vi chiederà conto se lo spirito che ha animato il vostro impegno politico è stato quello del servizio o quello del self-service».

Non era certo sua intenzione scoraggiare gli operatori della politica, manifestava la sua comprensione innanzi al loro scoraggiamento, e sosteneva che la politica è un’arte nobile e difficile, è un mestiere ingrato e incompreso; e a quanti travisavano le sue parole, replicava che tra i suoi tanti doveri c’era pure quello di fornire «una manciata di provocazioni». Si trovava bene nei panni del profeta, ma non aveva alcuna intenzione di intromettersi nelle questioni squisitamente politiche. Più volte lo aveva ribadito che la distinzione di ruoli era a lui chiarissima. «Alle istituzioni tocca il compito di reggere, il compito dei reggitori», «e al vescovo tocca il compito del profeta».

L’attualità di don Tonino

L’immagine della Chiesa che si cinge il grembiule è emblematica del suo modo di intendere il modello conciliare al quale si ispira: una Chiesa popolo di Dio nel mondo, a servizio di tutti e in particolare dei poveri, immersa nella Sua parola ed evangelizzatrice. Un modello da portare avanti con l’esempio della vita e con l’attività, anche quella apostolica.

Per lui è necessario superare una concezione e una pratica che privilegiano l’assistenza per una prospettiva di promozione, di riscatto sociale e di mutamento delle condizioni di vita, di intervento sociale e politico.

La sua visione è di una Chiesa povera, semplice, che rinuncia a ogni segno di potere, che condivide la vita della gente, soprattutto dei più deboli, che opera cosciente delle esigenze della giustizia e della carità, per favorire la crescita di un ordine sociale nuovo, degno dele persone come figlie di Dio, con strutture economiche e culturali adeguate. Una Chiesa che si pone a servizio, affidandosi allo Spirito e nella preghiera.

Significativa la sua ostinazione ad aprire le chiese, a essere accoglienti: la sua dimora vescovile lo fu sempre e la sua disponibilità era, lo ripeteva spesso, senza orario.

Infine una nota attualissima: il suo motto come presidente di Pax Christi fu «Contro i mercanti di morte».

Le fonti

Fortunatamente, ma soprattutto grazie alla sua figura, conoscere meglio don Tonino è molto facile.

In rete sono attivi alcuni siti a lui dedicati. Uno denominato don Tonino vescovo, nel quale è disponibile un’ampia biografia, l’elenco di tutti i suoi scritti, i libri biografici, i saggi e le altre pubblicazioni a lui dedicate, nonché materiali audio e video. Arricchiscono il sito notizie e contributi vari.

Un altro sito intitolato il Cammino di don Tonino, promosso dalla diocesi che lo ha avuto come pastore in occasione del venticinquesimo anniversario della sua morte, ha come scopo di farlo conoscere e promuovere l’omonima associazione di volontariato che desidera raccontare la sua figura attraverso un itinerario, da lei gestito, che esalta i luoghi più belli della Puglia.

Vi è poi il sito della fondazione don Tonino Bello nel quale viene pubblicato il suo notiziario dall’evocativo nome il Grembiule. La Fondazione ha come finalità «proseguire l’impegno culturale, pastorale, pedagogico e civile di don Tonino; promuovere ricerche scientifiche, nonché iniziative pastorali e sociali volte allo sviluppo di una cultura della Pace e della Solidarietà, di una teologia e di una spiritualità incarnata nella storia; curare con ogni forma la diffusione delle testimonianze del pensiero e del Magistero di don Tonino»; la Fondazione stessa mette a disposizione una biblioteca, ricca di oltre 6.000 volumi, presso il Palazzo Calsolaro a Alessano, città natale di don Tonino.

Come prima ricordato il nostro testimone ha scritto molto e molto è stato scritto su di lui: rimandiamo quindi ai siti citati per tale documentazione.

Sono disponibili numerosi video per ascoltarlo di persona, è sufficiente cercarli; tra i tanti citiamo tre esempi significativi: A coloro che si sentono falliti, suoi interventi in una trasmissione televisiva nel febbraio 1991 e una sua omelia per l’Avvento del 1988.

Come poi tradizione concludiamo con alcune sue citazioni.

«Salvami dalla presunzione di sapere tutto. Dall’arroganza di chi non ammette dubbi. Dalla durezza di chi non tollera ritardi. Dal rigore di chi non perdona debolezze. Dall’ipocrisia di salva i principi e uccide le persone.»

«Ricordiamoci che delle nostre parole dobbiamo rendere conto agli uomini. Ma dei nostri silenzi dobbiamo rendere conto a Dio.»

«Se smaniate per diventare ricchi, se smaniate per le carriere rampanti, per scavalcare gli altri nel fare strada, se smaniate per avere il doppio, il triplo stipendio, usciamo da questa Chiesa! Se in casa vostra permettete che vadano avanti la logica dell’accumulo, del lusso, dello spreco, della mentalità borghese, del prendersi una, due, tre o quattro macchine, usciamo da questa chiesa!»

«Il viaggio più serio è quello che porta all’incontro con Dio.»

«Sii un uomo liberato. Non solo un uomo libero, che dà il tempo libero agli altri. Sii un liberatore, che libera gli altri dalle angosce!»

«Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito.»

«Maria ha fatto una precisa scelta di campo. Si è messa dalla parte dei vinti.»

«Dio è presente nel cuore di tutti, se non come presenza, almeno come nostalgia.»

«Il viaggio più lungo è quello che conduce alla casa di fronte.»

«Amare, voce del verbo morire, significa decentrarsi. Uscire da sé. Dare senza chiedere. Essere discreti al limite del silenzio. Soffrire per far cadere le squame dell’egoismo. Togliersi di mezzo quando si rischia di compromettere la pace di una casa. Desiderare la felicità dell’altro. Rispettare il suo destino. E scomparire, quando ci si accorge di turbare la sua missione.»

«Hanno detto che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle attese. Forse è vero.»

«Quando vi rivolgete a Maria nella vostra preghiera, chiedetele che vi dia anche tanta capacità di sogno, non chiedete solo cose terra terra. Chiediamo alla Vergine che ci dia le calde utopie che riscaldano il mondo.»

«Stare con gli ultimi significa lasciarsi coinvolgere dalla loro vita. Prendere la polvere sollevata dai loro passi. Guardare le cose dalla loro parte.»

«Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche Tu abbia un’ala soltanto; l’altra la tieni nascosta, forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza di me: per questo mi hai dato la vita, perché io fossi tuo compagno di volo. Insegnami, allora, a librarmi con Te, perché vivere non è trascinare la vita, non è strappare la vita, non è rosicchiare la vita. Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebrezza del vento; vivere è assaporare l’avventura della libertà; vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.»