Il rapporto FOCSIV: i ladri di terra

FOCSIV (Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontariato, che raggruppa una novantina di organizzazioni) ha diffuso la V edizione del rapporto I padroni della Terra. Rapporto sull’accaparramento della terra 2022: conseguenze sui diritti umani, ambiente e migrazioni, che fotografa un fenomeno del quale poco si parla, ma ha conseguenze disastrose in molte parti del mondo, e nel quale anche noi siamo coinvolti come consumatori.

Il presupposto delle cinque edizioni è la consapevolezza che la terra, soprattutto quella fertile, e l’acqua salubre, sono risorse in esaurimento, nel contesto di un mercato globale ispirato a un modello di sviluppo incontrollato e teso a divorare tutto il possibile: il modello tecnocratico e consumista denunciato più volte da papa Francesco.

Il lavoro è dedicato ai 358 difensori dei diritti umani uccisi in 35 Paesi per essersi opposti alla devastazione e all’inquinamento su grande scala di foreste, terra e acqua, lottando in difesa del Pianeta e del diritto di ciascuno di non essere sfruttato o emarginato e di poter vivere in un ambiente salubre e sostenibile.

Un fenomeno grave e diffuso

Negli ultimi 20 anni, secondo il Rapporto, le terre accaparrate a danno delle comunità locali, dei contadini e dei popoli nativi sono pari a 93 milioni di ettari, la superfice complessiva di Francia e Germania. Il dato arriva dagli ultimi rilevamenti, effettuati a marzo, dalla banca dati di Land Matrix, il sito che raccoglie informazioni sui contratti di cessione e affitto di grandi estensioni di terra. Il fenomeno si concentra in alcuni paesi: il più coinvolto è il Perù con 16 milioni di ettari, seguito da Brasile e Argentina, Indonesia e Papua Nuova Guinea. In Europa orientale il maggiormente colpito è l’Ucraina e nel continente africano lo sono il Sud Sudan, il Mozambico, la Liberia e il Madagascar.

Il rapporto evidenzia la connessione tra il land grabbing con le crisi generate da questo modello, dal cambiamento climatico alle migrazioni e agli sfollamenti, dalle disuguaglianze nella proprietà fondiaria allo sfruttamento indiscriminato e all’inquinamento della natura, dalla corsa alle terre rare essenziali per l’innovazione tecnologica, come il cobalto per le batterie delle auto elettriche, alle discriminazioni di genere e allo sfruttamento del lavoro minorile.

L’accaparramento delle terre e le crescenti disuguaglianze colpiscono le comunità più vulnerabili e più fragili, e pesano in maniera ancora maggiore su donne, ragazze e bambine, schiacciate da società patriarcali e da tradizioni secolari di discriminazioni. Le più vulnerabili tra i vulnerabili pagano il prezzo maggiore anche rispetto al land grabbing.

Nelle pagine del Rapporto sono inoltre messe in evidenza le storie di resistenza dei popoli indigeni nella difesa della propria terra e dei propri diritti: una resistenza portata avanti con coraggio soprattutto dalle donne.

La guerra in Ucraina sta provocando e provocherà gravi conseguenze quali l’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dei carburanti, carenze negli approvvigionamenti, impoverendo ancora di più popolazioni già in gravi difficoltà, aumentando l’insicurezza alimentare ed esasperando una pericolosa competizione geopolitica sulle risorse naturali.

È quindi molto probabile l’accelerazione del fenomeno dell’accaparramento delle terre. Sono proprio le crisi (come quella del 2008, la pandemia e le guerre) che stimolano la concorrenza degli attori statali e di mercato più potenti ad accordarsi con le élite locali per appropriarsi di terre fertili e dotate di risorse minerali indispensabili per il proprio tornaconto. 

La deforestazione

Un altro fenomeno drammatico messo in luce nel Rapporto è quello della deforestazione per lo sfruttamento delle risorse naturali (11,1 milioni di ettari di foreste tropicali perse nel 2021), soprattutto per espandere le grandi piantagioni monocolturali. Le conseguenze sono molteplici: perdita della biodiversità e dei relativi servizi ecosistemici, espulsioni delle popolazioni indigene e contadine, insicurezza e nuove tensioni.

I maggiori investitori in questo ambito sono soprattutto i Paesi occidentali più ricchi: dal Canada (quasi 11 milioni di ettari) alla Gran Bretagna, passando per gli Stati Uniti (quasi 9 milioni di ettari), la Svizzera e il Giappone. Seguono le nuove grandi economie come la Cina (5,2 milioni di ettari) e l’India, assieme ai Paesi emergenti, come la Malesia (4,2 milioni di ettari) o come la sede di numerose imprese multinazionali, come Singapore (3 milioni di ettari). Da notare che il Brasile è contemporaneamente obiettivo di accaparramenti esteri, ma anche investitore sul suo territorio. Lo stesso sta avvenendo per un altro grande stato, la Russia, che assomma ben 26,4 milioni di ettari accaparrati, per la grande parte da imprese nazionali.

Land grabbing e informatica

È importante rilevare come la digitalizzazione stia facilitando le operazioni di accaparramento attraverso la creazione di registri e certificazioni digitali. Le nuove tecnologie informatiche si piegano agli interessi della privatizzazione e della finanziarizzazione dei terreni; e Facebook diventa uno spazio per il commercio illegale della terra.

Il ruolo e il sostegno delle Banche Pubbliche

Il Rapporto approfondisce l’analisi sugli attori dell’accaparramento, in particolare riguardo da un lato il ruolo delle Banche Pubbliche di Sviluppo (BPS) legate alle grandi imprese estrattive e, dall’altro, quello delle organizzazioni terroristiche e criminali. Il capitolo dedicato a ciò riassume e commenta tre studi di caso sul land grabbing in Africa subsahariana che mostrano la responsabilità delle BPS nel finanziare operazioni di investimento di multinazionali per la produzione di bioetanolo e olio di palma, fortemente contestate dalle popolazioni locali.

Nei tre casi studiati, le BPS si sono ritirate dalle operazioni senza assumersi alcuna responsabilità per la violazione dei diritti umani delle comunità locali, nonostante quanto stabilito dagli standard internazionali da loro stesse sottoscritti. Risulta inoltre che le Banche abbiano gestito male i fondi pubblici, avendo subito perdite e accettato l’annullamento del debito delle imprese finanziate. «Le BPS dovrebbero decidere di non finanziare più modelli di sviluppo estrattivisti che danneggiano il benessere delle comunità locali, che dovrebbero essere invece le principali beneficiarie dei loro finanziamenti».

Far tacere i difensori dei diritti

Con la prosecuzione delle opere estrattive delle multinazionali è emerso un aumento delle violenze contro chi cerca di opporsi allo sfruttamento delle terre. Nonostante l’introduzione di norme di protezione in alcuni stati, la loro applicazione continua a essere debole e inefficace, mentre i governi e le amministrazioni locali sono influenzati dagli interessi economici e tendono a restringere gli spazi della società civile, fino alla criminalizzazione dei difensori dei diritti umani. Due esempi: il governo peruviano ricorre allo stato di emergenza per silenziare le proteste sociali, mentre quello boliviano ha ampi poteri per sopprimere le organizzazioni della società civile.

Il grab urbano

Il lavoro si è anche soffermato sull’accaparramento delle terre nelle città. Sono analizzati diversi processi: quello intraurbano, che privatizza terre comunali sgomberando gli occupanti abusivi; le dinamiche periurbane che espandono l’urbanizzazione a scapito dei piccoli agricoltori; la creazione di nuove città in aree rurali con espulsione dei contadini; i grandi investimenti in progetti infrastrutturali per i corridoi di sviluppo che spostano comunità locali dalle terre da loro coltivate. Viene quindi presentato il piano strategico di UN Habitat che cerca di rispondere a queste dinamiche garantendo il diritto alla terra delle comunità più povere.

In Italia

Nel nostro Paese grazie alla riforma agraria e alla difesa del diritto alla terra da parte delle grandi organizzazioni contadine non sono ravvisabili dinamiche di accaparramento simili a quelle che si realizzano in altre parti del mondo, ma se ne può cogliere il pericolo: la pressione di diversi interessi economici ha infatti generato un processo di crescente consumo del suolo agricolo. Il modello dell’impresa familiare contadina, nonostante le derive agroindustriali, è riuscito a mantenere una certa diversità e specificità delle produzioni e dei paesaggi locali; sta procedendo, inoltre, verso un’agricoltura sostenibile, circolare, biologica, di prossimità, sociale e inclusiva, costruendo filiere che salvaguardano il ruolo e potere dei contadini.

Questo processo non è però riuscito a contrastare efficacemente l’accaparramento in senso lato, il consumo del suolo, perseguito da alcuni potenti interessi economici. Il Rapporto evidenzia come la copertura artificiale di suolo utile sia salita al 9,15% del totale, rispetto a una media del 4,2% in Unione Europea. Ciò si è tradotto in una diminuzione di prodotti agricoli pari a 4,1 milioni di quintali tra il 2012 e il 2020, così come nella perdita di servizi ecosistemici, in particolare di capacità di regolazione del ciclo idrogeologico, di biodiversità, di stoccaggio di carbonio.

Chi ci sfama?

In conclusione è bene ricordare che sono i piccoli produttori che provvedono a nutrire gli abitanti del nostro Pianeta. Nonostante la FAO continui, purtroppo, a sostenere che sarebbero le grandi aziende agricole ad alimentare la popolazione mondiale, la verità è un’altra: sono, appunto, i piccoli produttori a nutrire il 70% delle persone che abitano sulla Terra, tutelando la biodiversità e producendo cibo di qualità. Dove invece spadroneggiano i colossi le colture finiscono prevalentemente ad allevamenti e biocarburanti.

L’accaparramento può essere fermato: dalla competizione geopolitica alla cooperazione non estrattiva

Si legge nel Rapporto che «la globalizzazione e cumulazione delle crisi impongono un urgente cambiamento di paradigma dalla competizione dei sistemi geopolitici e di mercato alla cooperazione multilaterale per salvaguardare i beni comuni fondamentali alla vita del Pianeta, da una pace di giustizia climatica alla salvaguardia della biodiversità». L’accaparramento della terra può essere fermato se si costruisce un sistema cooperativo non estrattivista che riconosce il diritto alla terra delle comunità che la custodiscono.

Sono proposte una serie di raccomandazioni che vanno nella direzione di una ristrutturazione del sistema alimentare internazionale, che possa sostenere il diritto alla terra. È urgente, per FOCSIV, una riforma del sistema multilaterale per gestire le tensioni tra i grandi poteri geopolitici, dare voce ai popoli impoveriti e proteggere i diritti alla terra delle comunità locali.

Risulta quindi evidente la necessità di una riforma e il rilancio del sistema multilaterale per evitare competizioni, tensioni e conflitti della corsa alla terra, così come per favorire la risoluzione non violenta delle guerre. Ivana Borsotto, presidente di FOCSIV ha sottolineato come «Senza un nuovo governo mondiale non c’è speranza per la nostra specie umana e per la biodiversità del pianeta».

Il Rapporto indica la necessità di ridare forza al Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare, che ha elaborato delle linee guida volontarie per i regimi fondiari, ma si rileva che la sua applicazione è insufficiente: «ci vogliono regole obbligatorie e le buone notizie vengono da un crescendo di regolamenti e proposte di dovuta diligenza che provengono dall’Unione Europea. Proposte che però devono migliorare così come l’attuazione dei regolamenti già esistenti».