Tra guerra e pace

Il Global peace index nasce come tentativo di calcolare il grado di “pacificità”, ovvero l’attitudine di un determinato paese sovrano a essere considerato pacifico. L’indice è prodotto dall’Institute for Economics and Peace (IEP), in collaborazione con un gruppo internazionale di esperti, ed è basato su dati forniti e rielaborati dall’Economist Intelligence Unit, una società di ricerca e consulenza che fornisce analisi sulla gestione di stati e aziende.

A oggi è considerato il primo e più affidabile metodo per la misurazione della pace nel mondo ed è calcolato sulla base di 23 indicatori quantitativi e qualitativi suddivisi in tre ambiti tematici: il livello di sicurezza sociale, quello di conflittualità interna ed esterna, nonché il grado di militarizzazione.

Quest’anno la classifica mostra un quadro leggermente deteriorato della situazione, che è peggiorata mediamente dello 0,07%. Per la nona volta negli ultimi 13 anni si registra una flessione e, nel dettaglio, sono 78 gli stati in miglioramento, 65 quelli in regresso e 20 gli stabili. Va sottolineato però, come si evince dalla cifra citata, che si tratta di una diminuzione complessivamente modesta, motivata perlopiù da un aumento delle spese militari, da più elevati livelli di disordini civili e, naturalmente, dalle tensioni e dalle incertezze della pandemia.

Interessante è anche quanto riportato nel rapporto in merito alla percezione sul tema dei cittadini del mondo: infatti, è stimato che circa il 75% ha manifestato di sentirsi più tranquillo rispetto a cinque anni fa, quindi che globalmente il pianeta sia un posto più sicuro.

Lo stato più pacifico del mondo è valutato l’Islanda, in testa alla speciale classifica dal 2008, seguito da Nuova Zelanda, Danimarca, Portogallo e Slovenia. L’Italia si colloca al posto 32, superata, ad esempio, da Qatar (29), Malesia (23) e Bhutan (22).

L’Europa resta nel suo insieme il continente più tranquillo, mentre l’Africa si conferma quello più instabile sotto il profilo geopolitico, con profonde differenze tra gli stati: in alto troviamo Mauritius (28) e Ghana (38), mentre in coda spiccano Libia (156), Repubblica Democratica del Congo (157) e Somalia (158).

Le ultime tre posizioni appartengono però a paesi dell’area mediorientale, che si rivela la zona maggiormente critica. In particolare si tratta di nazioni che hanno una storia recente molto complessa e turbolenta, come Siria (161), Yemen (162) e Afghanistan (163), per la quarta volta consecutiva collocato in ultima posizione.

Molto indietro nella graduatoria due stati che hanno fatto della politica estera aggressiva un cavallo di battaglia: gli Stati Uniti (interessante sarà vedere la sua posizione il prossimo anno dopo il cambio della guardia alla presidenza) e la Russia, che sono rispettivamente al posto 122 e 154. Pessima posizione anche per un’altra nazione che negli ultimi anni ha dimostrato di avere velleità espansionistiche come la Turchia (149).

La prima parte della classifica – Dal rapporto Global Peace Index 2021

La seconda parte della classifica – Dal rapporto Global Peace Index 2021