Giornata dell’acqua: un diritto negato

Il fatto

Un appuntamento importante

Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dall’ONU nel 1992, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione sull’importanza della risorsa acqua, promuovere un suo consumo più responsabile e consapevole e stimolare le nazioni ad avviare attività concrete. La data è stata scelta nel corso del Summit della Terra di quell’anno, la prima conferenza mondiale dei capi di stato sull’ambiente: uno dei temi principali fu proprio la scarsità crescente di acqua.

È un’occasione per riflettere su quanto l’acqua sia una risorsa fondamentale per il pianeta e per le persone che vi abitano, da salvaguardare e tutelare, nonché un diritto di tutti, che non dovrebbe escludere nessuno. Il tema di quest’anno è: dare valore all’acqua.

Uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il numero sei, si propone di «garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie»: è una sfida tutt’altro che semplice.

Chi tanta, chi poca

Per parlare di condizioni accettabili si ritiene che ogni persona dovrebbe avere a disposizione 50 litri di acqua al giorno, ma per molti è un’utopia, al punto che la stessa ONU ha indicato in 40 il diritto minimo. I dati rilevano come la media del consumo di un abitante degli Stati Uniti sia 425 litri contro i 10 di uno del Madagascar, in l’Italia siamo a circa 230 litri e in Francia a 150.

Secondo un rapporto dell’UNICEF e dell’OMS, diffuso nel 2019, nel mondo una persona su tre continua a soffrire uno scarso accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari. Oltre due miliardi di abitanti del pianeta non dispongono di un accesso all’acqua potabile gestito in sicurezza, ben quattro miliardi non possiedono servizi igienici adeguati e complessivamente tre miliardi non hanno gli strumenti basilari che occorrono per un semplice, ma indispensabile, comportamento igienico: lavarsi le mani. Ogni anno si stima che quasi tre milioni e mezzo di persone muoiano a causa di malattie trasmesse dall’acqua, e di queste quasi 200.000 sono bambini.

La situazione dall’inizio del secolo è migliorata, ma permangono gravi disuguaglianze. Dall’inizio del secolo 1,8 miliardi di persone hanno ottenuto l’accesso a servizi idrici di base, però le stime ritengono che un abitante del pianeta su dieci non abbia ancora disponibile acqua sicura e circa 150 milioni per bere attingono a bacini non controllati.

Se il problema è gravissimo in molte parti del mondo, come l’Africa, anche il Vecchio continente non ne è esente, in particolare nei paesi dell’est. Sempre secondo l’OMS circa il 15% degli europei non ha acqua potabile facilmente disponibile e oltre 13.000 minori perdono la vita per patologie correlate a tale mancanza.

Anche in Italia non stiamo proprio benissimo. Il 15% delle famiglie nel periodo estivo è sotto la soglia dei 50 litri al giorno per persona. Un grave problema sono le perdite: il 30% di quanto è trasportato dalle condotte idriche si perde e non arriva nelle case, il 40% dell’acqua da irrigazione fa la stessa fine tra le sorgenti, gli invasi e i campi. Nel bacino del Mediterraneo negli ultimi 100 anni le precipitazioni estive sono diminuite del 20% e la temperatura media è aumentata di circa un grado e mezzo. È da sottolineare poi la cattiva gestione delle acque di scarto e la contaminazione con sostanze inquinanti.

Scarsità d’acqua per stagione
Scarsità d’acqua media

 

L’emergenza idrica è quindi una questione estremamente importante.

 

 

Il commento

Un diritto non per tutti

La Dichiarazione universale dei diritti umani, emendata dall’ONU nel 2010 con un’apposita risoluzione, afferma che l’acqua è un diritto basilare per il pieno godimento della vita umana e degli ulteriori diritti della persona, ma, come altri, non vale per tutti e la comunità internazionale non è stata in grado di garantirne universalmente l’accesso.

È importante sottolineare comunque che all’interno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio era previsto di dimezzare, entro il 2015, il numero di persone prive di un accesso sostenibile all’acqua: risultato raggiunto, confermato dal fatto che negli ultimi trent’anni più di due miliardi di persone hanno ottenuto per la prima volta la possibilità di utilizzare fonti idriche adeguate. Tuttavia la scarsità d’acqua colpisce ancora una parte significativa della popolazione mondiale, come prima ricordato.

I successi conseguiti dimostrano che un forte impegno può essere premiato e gli sforzi devono continuare con obiettivi sempre più ambiziosi in un aspetto così vitale.

Cause ed effetti

Il fabbisogno di acqua negli ultimi 100 anni è cresciuto di sei volte e proseguirà al ritmo dell’1% annuo in conseguenza dell’aumento della popolazione, dello sviluppo economico e delle sempre più forti esigenze di consumo.

Insieme alle incertezze dovute agli approvvigionamenti difficili, i cambiamenti climatici aggraveranno la situazione nelle zone già caratterizzate da problemi e innescheranno stress idrici anche in aree nelle quali oggi le risorse sono abbondanti. Per quanto concerne l’Europa, ad esempio, le proiezioni indicano una riduzione delle precipitazioni nei paesi meridionali.

La sfida relativa al clima investe dunque anche il tema acqua, che ha ricadute straordinarie per lo sviluppo sostenibile: tutto è connesso. Infatti, i problemi causati dalle carenze idriche non sono solo legati al fabbisogno personale, ma investono anche lo sviluppo industriale e le attività economiche, la produzione di energia, la crescita economica quindi, come pure l’agricoltura e la disponibilità di cibo, la sicurezza alimentare, la salvaguardia e il mantenimento degli ecosistemi.

Risulta evidente che la disponibilità di acqua ha delle ripercussioni sul progresso di intere aree e delle loro popolazioni, frenandone il cammino verso condizioni di vita migliori, oltre a generare malattie, morti, povertà e un’esistenza al limite della dignità umana.

L’acqua è anche causa di guerre, instabilità politica e tensioni sociali per il controllo di quello che viene chiamato “l’oro blu”, e per molti vale più di quello giallo e del nero, poiché senza questi ultimi si può vivere, invece senza l’altro no. La Banca mondiale si è occupata dell’argomento e ha documentato centinaia di conflitti tuttora in essere legati alla gestione delle risorse idriche. Ad esempio, avere il controllo dei tre grandi bacini mediorientali, Tigri, Eufrate e Giordano, significa decidere della sopravvivenza delle popolazioni che vivono grazie alla disponibilità di quelle acque; analogamente ciò è vero in Asia con i flussi idrici dell’Indo o del Mekong. Le ostilità collegate al governo dell’acqua potranno solo aumentare, come pure i fenomeni migratori dovuti a siccità.

Ulteriori problematiche da citare sono il consumo sempre maggiore di acqua in bottiglia, che ha ripercussioni di tipo ambientale, dovute all’inquinamento per trasportarla e ai rifiuti generati, insieme alla contaminazione delle acque da sostanze chimiche: scarichi industriali e domestici, pesticidi e altri prodotti chimici utilizzati in agricoltura.

L’acqua minerale

Un accenno particolare merita proprio l’acqua in bottiglia, il cui utilizzo è quasi dappertutto in costante aumento: in generale cresce del 7% ogni anno con un picco del 15% per alcune aree dell’estremo oriente. L’Italia è primatista del mondo con otto miliardi di bottiglie consumate in un anno, che, tra l’altro, producono 280.000 tonnellate di rifiuti in plastica, seguita da Messico, Arabia Saudita e Thailandia. Questa acqua, dunque, inquina e poi costa: in media oltre 300 volte più di quella del rubinetto, che nel nostro Paese è una delle più a buon mercato in Europa. Ancora troppe famiglie, malgrado i dati e le rassicurazioni sui controlli, hanno poca fiducia nel bere l’acqua di casa: nel 2019 erano il 29%, comunque in netto miglioramento rispetto al 40% del 2002, fa sapere l’Istat.

Un punto cruciale è quello dell’uso privato dell’acqua, sia quella da imbottigliare, che garantisce consistenti profitti, sia in generale quella dell’acqua potabile.

Quali i nodi problematici

Le criticità che ostacolano i progressi, e impediranno con molta probabilità di non centrare il citato obiettivo sei dell’Agenda ONU, sono da rintracciare in una visione economicista, nel lasciare al mercato, e alla finanza, la gestione di servizi che dovrebbero essere invece garantiti dagli stati e dalla comunità internazionale, in quanto diritti universali, come riconosciuto più volte dall’ONU. Tali risoluzioni, però, non sono vincolanti per i vari paesi, non prevedono sanzioni, e oggi tale diritto non è sancito da nessuno stato: sarebbe necessario, come auspicato da papa Francesco e sollecitato da diverse organizzazioni, che la comunità internazionale adotti uno strumento giuridico, protocollo o trattato, che definisca le modalità atte a garantire il diritto all’acqua, da ratificare nei diversi paesi per procedere ad adeguare le rispettive legislazioni.

Problemi sono quindi la sua privatizzazione, come avviene in molte parti del mondo, e l’incapacità di tanti stati di renderla disponibile, nonché la scarsa iniziativa del consesso internazionale.

Un fattore ulteriore è la percezione, soprattutto nel primo mondo, che l’acqua sia una risorsa illimitata e un prodotto come tanti: la si può comprare, come si fa con la bottiglia al supermercato, anziché essere un diritto.

Le conseguenze di un atteggiamento rinunciatario della comunità internazionale e dei singoli paesi possono condurre a seri rischi. Potrebbero essere le imprese e i mercati finanziari a definire le modalità di concretizzazione del diritto all’acqua, e che si approprino, come sta succedendo, delle risorse naturali attraverso il water grabbing, l’accaparramento dell’acqua, come accade con quello della terra, il land grabbing: la governance e i suoi meccanismi devono essere pubblici.

Un aspetto ulteriore è la lotta ai cambiamenti climatici, che hanno un peso importante nella disponibilità di acqua. Politiche e azioni atte a contrastare il fenomeno sono utili anche per rispondere ai problemi di approvvigionamento idrico.

L’impegno di ciascuno

Le problematiche dell’acqua devono investire, e condizionare, anche la vita e le abitudini di ciascuno di noi per un uso responsabile di questa importantissima risorsa, la consapevolezza della vastità delle questioni è necessario stimoli tutti a un’attenzione sempre maggiore.

Sono molti i consigli degli esperti per risparmiare questa importante risorsa.

In bagno tenere aperto il rubinetto solo per il tempo necessario, preferire la doccia e farla in fretta, utilizzare il getto che dimezza lo scarico dello sciacquone, installare rubinetti cosiddetti areati o inserire un riduttore di flusso in quelli tradizionali e in ogni caso evitare che perdano, scegliere elettrodomestici quali lavatrici e lavastoviglie a basso consumo di acqua e utilizzarle solo a pieno carico, non scongelare i prodotti sotto un getto d’acqua, lavare i piatti in una bacinella, lasciare le verdure a mollo e non sotto l’acqua corrente, se si possiede un deumidificatore usare la sua acqua per il ferro da stiro, lavare l’auto con un secchio e non con un getto d’acqua, se si possiede un giardino o un orto o semplicemente delle piante sul balcone innaffiare con acqua già utilizzata o con quella piovana raccolta in appositi contenitori, infine bere l’acqua del rubinetto.

Un modo personale per combattere i problemi di approvvigionamento per le popolazioni colpite è supportare le iniziative che prevedono la fornitura di utili strumenti, come lo scavo di pozzi, la posa in opera di pompe, l’installazione di tubature.

In generale l’attenzione a queste problematiche può essere l’occasione per essere sempre più informati e diffondere anche ad altri la consapevolezza della questione.

 

 

Le fonti

La Giornata dell’acqua ha un suo sito, non in italiano (ma ci sono i traduttori automatici), e mette a disposizione una serie di risorse, tra i quali un kit di strumenti.

Da tempo è stato istituito ed è attivo il World Water Council (Consiglio mondiale sull’acqua) «un’organizzazione internazionale di piattaforme multistakeholder la cui missione è quella di mobilitare l’azione sulle questioni idriche critiche a tutti i livelli, compreso il più alto livello decisionale, coinvolgendo le persone nel dibattito e sfidando il pensiero convenzionale. Il Consiglio si concentra sulle dimensioni politiche della sicurezza idrica, dell’adattamento e della sostenibilità». Il Consiglio organizza inoltre ogni tre anni, a partire dal 2000, il Forum mondiale dell’acqua, il più importante evento sul tema.

Nel 1998 è stato redatto il Manifesto dell’Acqua di Lisbona, dal titolo “Il diritto di tutti alla vita”, e lanciato come Contratto Mondiale sull’Acqua; esso costituisce il documento di riferimento per il piano di azione dell’omonimo Comitato internazionale e di quelli nazionali. Nel nostro paese è attivo il Comitato italiano, e un Forum Italiano dei movimenti per l’acqua, che ha avviato un’iniziativa per l’acqua bene comune promossa da comitati territoriali, organizzazioni sociali, sindacati, associazioni e singoli cittadini.

L’ONU è impegnato sulle tematiche dell’acqua, promuovendo in particolare la Campagna UN-Water che si prefigge di coordinare tutte le strutture e le agenzie dell’Organizzazione che si occupano di acqua dolce, per un’azione efficace e coordinata, fornendo informazioni, creando conoscenze e offrendo una piattaforma di discussione mondiale sul tema dell’acqua. L’UNESCO ha istituito il Programma di valutazione mondiale dell’acqua (WWAP) che si occupa di temi sull’acqua dolce al fine di fornire raccomandazioni, sviluppare studi, migliorare la capacità di valutazione degli stati sulle proprie politiche idriche. La principale pubblicazione è il World Water Development Report (WWDR), che fornisce un quadro autorevole dello stato delle risorse nel mondo.

Il Water human right treaty è nato con lo scopo di lanciare una campagna che miri a realizzare, e impegnare gli stati a ratificarlo, uno strumento legale in grado di concretizzare il diritto umano all’acqua sulla base della risoluzione delle Nazioni Unite del luglio 2010 come diritto umano universale, autonomo e specifico, definendo norme vincolanti e gli obblighi delle nazioni per il raggiungimento del diritto all’acqua al livello minimo per garantire la dignità della vita. Lo strumento proposto è un Secondo Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali firmato dagli stati, che definisca a livello sostanziale e procedurale come realizzare tale diritto.

Molti sono gli strumenti di informazione che diffondono dati sull’acqua. Citiamo, senza la pretesa di essere esaustivi, il World Resurces Institute, la FAO, Our world in data, l’Agenzia europea dell’ambiente. L’ONU ha diffuso un rapporto su acqua e cambiamenti climatici.

Numerose anche le organizzazioni impegnate sul tema, a iniziare da quelle ambientaliste.

In merito al water grabbing, all’accaparramento dell’acqua, un apposito Osservatorio è impegnato in numerose iniziative di informazione, ricerca, sensibilizzazione e pressione politica.

L’Istat presenta periodicamente dati sull’acqua in Italia e ha un archivio ricco di documenti; il Censis ha analizzato l’argomento, anche in un rapporto la cui sintesi è fruibile qui.

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) diffonde dati sullo stato di salute di fiumi, laghi e ambiente marino costiero.

In occasione della ricorrenza, il 22 marzo, molti mezzi di comunicazione hanno dedicato spazio all’argomento: tra questi citiamo uno speciale di Repubblica.it.