Sirimavo Bandaranaike: una donna da record

Il personaggio

Sessant’anni fa, il 20 luglio del 1960, lo Sri Lanka Freedom Party (Partito per la libertà dello Sri Lanka) vinse le elezioni del suo Paese e la sua leader Sirimavo Bandaranaike divenne la prima donna al mondo a essere nominata capo di un governo. È considerata tra i più grandi statisti della nazione e ricoprì tre mandati: dal 1960 al 1965, dal 1970 al 1977 e dal 1994 al 2000, anno della sua morte, avvenuta il 10 ottobre all’età di 84 anni.

Fin da giovanissima si interessò alle tematiche sociali e maturò una forte attenzione alla situazione delle classi meno abbienti, però fu l’assassinio del marito Solomon, allora primo ministro cingalese, ucciso nel 1959 da un estremista buddista, a spingerla alla politica attiva, alla quale dedicò il resto della vita.

La sua elezione portò così alla ribalta internazionale lo Sri Lanka, che a quei tempi si chiamava ancora Ceylon, il nome usato quando faceva parte dell’Impero britannico.

Sirimavo Bandaranaike nacque il 17 aprile 1916 in una famiglia aristocratica a Balangoda, una cittadina nella zona centromeridionale dell’isola: il suo nome alla nascita era Sirima Ratwatte. Frequentò scuole cattoliche, pur essendo buddista, perché era normale per le classi elevate studiare in collegi occidentali. Completati gli studi a 19 anni si dedicò al volontariato, distribuendo cibo e medicine nei villaggi della giungla, organizzando cliniche e aiutando a predisporre il lavoro agricolo per migliorare gli standard di vita delle donne nei villaggi. Il suo attivismo la fece diventare presto tesoriera della Social Service League, incarico che ricoprì fino al 1940.

In quel periodo la famiglia ricevette per la loro figlia la proposta di matrimonio da Solomon West Ridgeway Dias Bandaranaike, appartenente a una famiglia di un rango diverso, ma comunque avvocato rinomato, formatosi a Oxford e divenuto ministro delle Amministrazioni locali, quindi un uomo affermato anche se non aristocratico. I due si sposarono il 2 ottobre del 1940 durante quello che i giornali locali chiamarono il «matrimonio del secolo»: da quel momento lei sarà conosciuta come Sirimavo Bandaranaike. Dalla loro unione nacquero due figlie, Sunethra (1943) e Chandrika (1945), e un figlio, Anura (1949).

La sua passione per i temi sociali e per la politica la fecero presto diventare una consulente del marito su molte questioni. Nel 1951 lo convinse a dimettersi dal Partito Nazionale Unito e a fondare lo Sri Lanka Freedom Party, per il quale nel 1952 venne eletto in Parlamento e dove fu il capo dell’opposizione. Nelle consultazioni del 1956 Solomon guidò una coalizione denominata Mahajana Eksath Peramuna e venne nominato primo ministro; la moglie fu al suo fianco.

Il 25 settembre del 1959 egli subì un’aggressione mortale da parte di un monaco buddista, che gli sparò per ragioni mai chiarite. Ne seguì un periodo di caos politico: la coalizione crollò, divenne capo del governo Dudley Senanayake, ma il suo esecutivo resse poche settimane. Nel maggio 1960, Sirimavo Bandaranaike venne eletta all’unanimità presidente del Partito. Col suo nuovo incarico girò il Paese, la sua passione e il dolore vivo per la scomparsa del marito la fecero spesso commuovere, tanto che gli avversari politici e alcuni giornali britannici iniziarono a chiamarla con l’appellativo di «vedova piangente».

Il 21 luglio dello stesso anno lo Sri Lanka Freedom Party mise a segno una vittoria schiacciante ed ella prestò giuramento diventando la prima donna al mondo a essere eletta primo ministro, assumendo anche i dicasteri della Difesa e degli Affari esteri.

La sua nomina provocò reazioni nel mondo politico, con un’opposizione che spesso lanciò attacchi sessisti. Malgrado la strada in salita non desistette dal perseguire i suoi obiettivi: riformare l’ex colonia britannica in una repubblica autonoma e socialista, nazionalizzando, investendo su istruzione, industria, media e commercio. In quella fase di incertezza e disordine si dimostrò all’altezza delle sfide da affrontare, sul fronte interno e su quello internazionale, diventando una protagonista del Movimento dei paesi non allineati.

Durante il suo mandato cambiò la lingua amministrativa dall’inglese al singalese e lanciò diverse riforme. Dovette anche affrontare una difficile crisi economica, caratterizzata da inflazione ed elevata disoccupazione, nonché le divisioni tra singalesi e la minoranza tamil. Nel 1962 sventò un colpo di Stato e il primo mandato terminò nel 1965. Dopo cinque anni ricevette un secondo incarico, alla guida di una coalizione, che durò per sette anni. Fronteggiò gravi difficoltà a causa dell’esplosione di violenti conflitti etnici e sociali: nel 1971 contrastò un’insurrezione di giovani radicali; l’anno successivo lavorò a una nuova Costituzione e alla formazione della Repubblica Democratica Socialista di Sri Lanka; nel 1975 gettò le basi per il ministero dedicato alle Donne e i Bambini, nominando anche la prima donna a prestare servizio nel governo.

Nel 1980 venne accusata di abuso di potere durante il secondo mandato, per cui fu privata dei diritti civili e bandita dalla politica per sette anni, pur conservando la presidenza del partito. Nel 1986 venne riammessa alla politica attiva e divenne leader dell’opposizione dal 1989 al 1994; in questo stesso anno sua figlia Chandrika vinse le elezioni presidenziali e Sirimavo fu nominata primo ministro per la terza volta, carica che ricoprì fino all’agosto del 2000, quando gravi motivi di salute la costrinsero ad abbandonare l’incarico. Morì a Kadawatha il 10 ottobre, per un attacco di cuore, mentre stava tornando a casa nella capitale Colombo, dopo essersi recata alle urne per votare alle elezioni parlamentari.

Lo Sri Lanka dichiarò due giorni di lutto nazionale e le stazioni radio statali sospesero la programmazione per trasmettere canti funebri in suo onore. Le esequie si tennero a Horagolla, dove venne inumata nel mausoleo dove era sepolto suo marito.

 

Il commento

A volte l’abito fa il monaco

Ci sono cose che accadono anche senza volerlo, succedono e si devono affrontare. Sirimavo Bandaranaike ha visto la sua vita cambiare profondamente in questo modo e si è fatta trovare pronta. La moglie segretaria è diventata una leader politica e il capo del governo del suo paese.

Chi la incontrò la dipinse come una donna assolutamente normale: veduta per caso poteva sembrare una madre di famiglia che stava andando a fare la spesa con la sua borsa. L’atteggiamento era energico e imbronciato, di chi aveva lavorato intensamente e affrontato tante difficoltà. Di chi non ha avuto una vita felice, e probabilmente per lei è stato così. Buddista in un collegio cattolico perché una donna aristocratica doveva studiare in un contesto occidentale, sposata con un uomo imposto dalla famiglia quando aveva ventiquattro anni e lui venti di più, seppure intelligente, di grande cultura e con un presente e un futuro da politico importante. Poi la sua morte, e lei che visse il suo ruolo di vedova con rigore e tristezza, con rassegnazione. Ma accettò di lanciarsi in un’avventura mai considerata, di fronte alla disperazione del Partito, che doveva affrontare le imminenti elezioni, e alla sua. Accettò la sfida, e un po’ sinceramente per il dolore, ma forse anche per calcolo, condusse una campagna elettorale fondata sul sentimento, sul pianto anche, e non sulle sole parole. Nei comizi la gente piangeva con lei, vestita con il classico sari bianco vedovile: il Partito stravinse le elezioni e lei diventò capo del governo, la prima donna al mondo a ricoprire tale incarico.

Una donna al potere

Non fu quindi nella progredita Europa o in una culla della democrazia, come gli Stati Uniti d’America o il Regno Unito, che una donna raggiunse il vertice dell’esecutivo, bensì in un piccolo paese equatoriale del subcontinente indiano.

Certo, molto dipese dalla tragica scomparsa del marito, ma in ogni caso ella fu una statista di rilievo.

La domanda, per noi italiani, è perché sessant’anni dopo non abbiamo ancora avuto una donna a capo del governo o presidente della repubblica, dal momento che in altri stati ciò è avvenuto.

La prima fu questa sconosciuta signora dello Sri Lanka. Quella presidenza, nata in ambito familistico, fu anche l’inizio di un cammino sempre più spedito delle donne in tutto il pianeta. Nel continente africano la Repubblica Centrafricana negli anni ‘70 ebbe come premier Elisabeth Domitien, in Liberia la presidente dal 2005 al 2011 è stata Ellen Johnson Sirleaf. Nell’America latina si possono citare Cristina Fernandez Kirchner, presidente dell’Argentina e Michelle Bachelet in Cile. Per quanto riguarda l’Europa basti pensare a Margaret Thatcher e ad Angela Merkel; altre nazioni hanno avuto donne al timone: la Slovacchia, l’Islanda e la Finlandia. In Oceania troviamo la prima ministra neozelandese Jacinda Ardern, e anche l’Australia ha avuto una capo del governo dal 2010 al 2013.

Risultati contraddittori

Il governo di Sirimavo Bandaranaike appare caratterizzato da luci e ombre. Tra queste ultime spiccano i limiti nell’industrializzazione del paese, il fallimento della nazionalizzazione del petrolio, ma soprattutto la repressione di una rivolta che aveva di mira la sua destituzione. Tra gli elementi positivi di grande importanza è la politica estera, che collocò la Sri Lanka tra i promotori del non allineamento; grazie alla sua azione il Paese poté contare su ottime relazioni che consentirono di attirare importanti interventi realizzati da altre nazioni, come l’aeroporto di Colombo, la capitale, costruito con fondi canadesi.

Maturò il suo stile politico nel primo quinquennio al potere, tanto che avendo perso le elezioni nel 1965 guidò l’opposizione con energia e con l’obiettivo di vincere di nuovo, cosa che le riuscì con un compromesso audace: costituire un’alleanza elettorale con i partiti comunisti e trotzkista, lei che, proveniente da una famiglia di proprietari terrieri e ricca, si era sempre opposta al marxismo. Il Fonte Unito fu un’operazione politicamente geniale e vincente, ma rimane il dubbio se fu un passo dettato da sete di potere o dalle convinzioni espresse nel corso della campagna elettorale e in seguito: tra i ricchi e i poveri andava colmato il divario applicando un serio socialismo e per fare ciò era necessario riguadagnare la guida del Paese, a tutti i costi.

Per realizzare tali prospettive furono varate una serie di misure, tra le quali una razione di riso giornaliera gratuita per tutti, allo scopo di combattere la fame, e la vendita dello stesso prodotto a prezzi irrisori per le quantità ulteriori, sanità e istruzione gratuite, persino quella universitaria, con la conseguenza di far scomparire quasi del tutto l’analfabetismo in tempi brevi.

La rivolta del 1971, più volte ricordata, mise in luce ulteriori aspetti: fermezza e coraggio come pure il piegarsi alla ragion di stato. Con i due terzi del paese in mano agli insorti la gran parte dei maggiorenti fuggì e si nascose, lei no, pur essendo la sua morte l’obiettivo: rimase al suo posto e gestì la situazione, seppure in modo repressivo. Dalle parole espresse allora emerge una posizione contradditoria: risoluta, ma allo stesso tempo attenta. Mentre decideva un intervento rude e faceva imprigionare i ribelli, si chiedeva perché i giovani agissero così, separando le intenzioni cattive attribuite ai pochi che li guidavano e li ispiravano, dalle rivendicazioni serie che li spingevano alla rivolta, cosciente che erano intelligenti, validi e sarebbero stati il futuro del paese e molti di loro la classe dirigente.

In quel frangente emerse un’ulteriore incoerenza: Sirimavo si era espressa sempre come sinceramente pacifista e antimilitarista, al punto da ridurre notevolmente le spese e gli organici delle forze armate, ma dovette chiedere risorse ad altre nazioni per reprimere la rivolta.

Anche la decisione del Parlamento di interdirla agli incarichi pubblici per abuso di potere è il segnale di qualche ombra nella sua gestione del potere, pur in presenza di un provvedimento ispirato da ragioni prettamente politiche.

Una caratteristica del suo modo di governare la espresse più volte lei stessa, sottolineando come la sua formazione politica fosse stata molto pratica, concreta, basata sull’esempio del marito e sulla personale esperienza, ispirata dal “buonsenso” e non da basi “scientifiche”, da studi particolari. Catapultata nelle responsabilità di governo e della politica ne disprezzava le ambiguità, le bugie e i compromessi; la diplomazia e la furbizia non erano il suo forte, sostituite dalla certezza che è importante dire ciò che si pensa con franchezza.

Una figura autorevole

Una considerazione significativa è la scelta dei figli di impegnarsi anche loro in politica, sulla scia del padre e della madre, nonostante aperti conflitti con lei, normali tra . In particolare Chandrika ha rivestito ruoli rilevanti, come leader politico, primo ministro e, addirittura, presidente della repubblica.

Gli apprezzamenti da parte di importanti suoi connazionali forniscono ulteriori elementi. Lo storico de Silva affermò che «l’eredità della signora Bandaranaike è questa: dopo la morte del marito, c’era così tanta confusione e il partito stava quasi crollando. Era una leader inesperta. Ma non solo è sopravvissuta, lei ha sostenuto il partito e la famiglia in politica». La poetessa Yasmine Gooneratne la definì «il leader più formidabile e carismatico che il Paese abbia mai visto»; il giornalista Jeyaraj fece questa osservazione: «non si può negare che Sirima Bandaranaike fosse una figura incorruttibile. La sua integrità finanziaria è stata irreprensibile». Durante il culmine dell’insurrezione del 1971 per rovesciare il suo governo, Sir John Kotelawala disse: «era l’unico uomo nel governo». Lo Sri Lanka Freedom Party in occasione della sua scomparsa le rese questo tributo: «era una madre eroica della nazione».

È stata una donna capace di affrontare la vita e di rispondere alle sue “chiamate” con responsabilità, dedicandosi al compito affidatole, e, come tutti, non riuscendo sempre ad agire nel modo giusto.

 

 

Le fonti

Sirimavo Bandaranaike è pressoché sconosciuta in occidente, salvo nel Regno Unito, del quale lo Sri Lanka, col nome Ceylon, era stato un possedimento prima di ottenere l’indipendenza nell’ambito del Commonwealth nel 1948.

Di lei si è parlato e sono stati pubblicati articoli nell’estate del 2020, in occasione del sessantesimo anniversario della sua nomina, proprio per il fatto significativo che fosse la prima donna a capo di un governo.

Sono numerosi i video accessibili su di lei, soprattutto in lingua inglese, compresi dei lunghi documentari.

Sono state pubblicate anche delle biografie, sempre in inglese, l’ultima è uscita nel 2015, a cura di Torild Skard, inserita nel volume intitolato Women of power – Half a century of female presidents and prime ministers worldwide.

Per chi desidera conoscere lo Sri Lanka, nell’enciclopedia Treccani si trova un’esauriente voce dedicata all’isola asiatica.

 

Ecco alcune citazioni di Sirimavo Bandaranaike.

Annunciando le sue dimissioni il 10 agosto del 2000 disse: «Credo che sia tempo per me di ritirarmi dalla monotonia dell’agone politico per un ambiente più tranquillo».

«Come donna e madre, invito le nazioni del mondo a desistere dalla violenza nei loro rapporti reciproci.»

«Mi è stata spesso posta la domanda su come funzionavo con un Gabinetto tutto maschile. Devo dire che non ho avuto problemi. Hanno collaborato tutti e mi hanno dato tutto il sostegno necessario.»

«Era lontano dalla mia mente ottenere una gloria personale per me stesso quando ho assunto la guida del partito su richiesta dei suoi leader.»

«La storia è piena di esempi delle conseguenze disastrose che si sono verificate su tali nazioni che hanno cambiato le loro costituzioni dando a un uomo troppo potere.»

«Il premier Dahanayake si è offerto di ottenere per me un risarcimento dallo Stato. Ha detto che alcuni paesi avevano pagato le vedove di leader assassinati, ad esempio in Birmania. Ma io ho rifiutato categoricamente di accettare un centesimo come risarcimento per il sangue del mio defunto marito.»

«Dopo la sua morte, siamo stati chiamati a pagare pesanti dazi in caso di morte per i quali abbiamo dovuto vendere alcune proprietà. Ho restituito il prestito con tutto ciò che ho ottenuto, compresa la mia indennità di Primo Ministro.»