Sandro Pertini: il Presidente partigiano

Il personaggio

Il 24 febbraio del prossimo anno ricorreranno i trent’anni dalla scomparsa di quello che è stato considerato il Presidente della Repubblica italiana più amato e rispettato.

Ciò significa che molti giovani forse non ne hanno mai sentito parlare.

Desideriamo per questo proporlo come testimone del mese, protagonista di periodi storici apparentemente lontani nel tempo, ma da conoscere e non dimenticare, cercando di comprendere come possono aiutarci ad affrontare il presente.

L’esistenza di Pertini è stata lunga e ricchissima di impegni ed eventi, presentiamo una sintetica biografia tratta dal sito della Presidenza della Repubblica, rimandando a una più ampia presentazione disponibile sul sito del Centro culturale a lui dedicato e alla storia della sua vita presente sul sito dell’Associazione nazionale Sandro Pertini.

Alessandro Pertini è nato a Stella (Savona) il 25 settembre 1896.

Laureato in giurisprudenza e in scienze sociali.

Coniugato con Carla Voltolina.

Ha partecipato alla prima guerra mondiale; ha intrapreso la professione forense e, dopo la prima condanna a otto mesi di carcere per la sua attività politica, nel 1926 è condannato a cinque anni di confino.

Sottrattosi alla cattura, si è rifugiato a Milano e successivamente in Francia, dove ha chiesto e ottenuto asilo politico, lavorando a Parigi.

Anche in Francia ha subito due processi per la sua attività politica.

Tornato in Italia nel 1929, è stato arrestato e nuovamente processato dal tribunale speciale per la difesa dello Stato e condannato a 11 anni di reclusione.

Scontati i primi sette, è stato assegnato per otto anni al confino: ha rifiutato di impetrare la grazia anche quando la domanda è stata firmata da sua madre.

Tornato libero nell’agosto 1943, è entrato a far parte del primo esecutivo del Partito socialista. Catturato dalla SS, è stato condannato a morte.

La sentenza non ha luogo. Nel 1944 è evaso dal carcere assieme a Giuseppe Saragat, ed ha raggiunto Milano per assumere la carica di segretario del Partito Socialista nei territori occupati dal Tedeschi e poi dirigere la lotta partigiana: è stato insignito della Medaglia d’Oro.

Conclusa la lotta armata, si è dedicato alla vita politica e al giornalismo.

È stato eletto Segretario del Partito Socialista Italiano di unità proletaria nel 1945. È stato eletto Deputato all’Assemblea Costituente.

È stato eletto Senatore della Repubblica nel 1948 e presidente del relativo gruppo parlamentare.

Direttore dell'”Avanti” dal 1946 al 1947 e dal 1949 al 1951, nel 1947 ha assunto la direzione del quotidiano genovese “Il Lavoro”.

È stato eletto Deputato al Parlamento nel 1953, 1958, 1963, 1968, 1972, 1976.

È stato eletto Vice-Presidente della Camera dei Deputati nel 1963.

È stato eletto Presidente della Camera dei Deputati nel 1968 e nel 1972.

Dopo il fallimento della riunificazione tra P.S.I. e P.S.D.I,. aveva rassegnato le dimissioni, respinte da tutti i gruppi parlamentari.

È stato eletto Presidente della Repubblica l’8 luglio 1978 (al sedicesimo scrutinio con 832 voti su 995). Ha prestato giuramento il giorno successivo.

Ha rassegnato le dimissioni il 29 giugno 1985: è divenuto Senatore a vita quale ex Presidente della Repubblica.

È deceduto il 24 febbraio 1990.

Il commento

Si potrebbe dire che Sandro Pertini è stato un uomo di altri tempi. Ha vissuto le due guerre mondiali, il ventennio fascista, la ricostruzione dell’Italia, il boom economico, la stagione del terrorismo, e tutto quanto accaduto nei 93 anni della sua esistenza. Molte situazioni le ha affrontate da protagonista, non tirandosi mai indietro, fedele ai propri ideali, coerente nel praticarli. Proprio per questo la sua testimonianza non ha tempo, pur essendo vissuto in epoche differenti dalla nostra. Il messaggio da lui lasciato come persona, lavoratore, intellettuale, politico è significativo ancora oggi e dovrebbe essere di esempio per tutti gli uomini di buona volontà.

Ha avuto coraggio, quello di affrontare le conseguenze dovute all’opposizione alla dittatura fascista. Il suo studio di avvocato fu più volte devastato e lui stesso venne aggredito in diverse occasioni, in una gli spezzarono il braccio destro; un’altra volta fu malmenato per aver deposto una corona di alloro sulla tomba di Giacomo Matteotti. Nel 1926 venne mandato al confino per la sua opposizione al regime, riuscendo a fuggire in Francia grazie all’aiuto di alcuni amici, lavorando per mantenersi facendo i mestieri più svariati, dal manovale alla comparsa cinematografica.

Non se la sentì però di essere lontano dal Paese e di abbandonare la lotta antifascista, per cui nel 1929 tornò clandestinamente in Italia dove poco dopo venne condannato per il suo impegno contro la dittatura. Fu incarcerato e le sue precarie condizioni di salute spinsero la madre a chiedere la grazia. Pertini si dissociò scrivendo: “La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore mi umilia profondamente. Non mi associo dunque a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più d’ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme”. Liberato nel 1943 si unì ai partigiani per combattere nelle file della Resistenza, venendo arrestato dalle SS e condannato a morte, riuscendo però a fuggire. Per le sue azioni eroiche contro il nazifascismo fu insignito della Medaglia d’oro al valor militare.

Pertini è stato un uomo onesto e coerente con i propri principi. Ad esempio, eletto presidente rifiutò di trasferirsi nei lussuosi appartamenti del Quirinale, scegliendo di continuare a vivere nella casa di Roma, una mansarda di 35 metri quadri e, per gli spostamenti, quando non utilizzava l’auto di servizio, facendosi portare dalla moglie con l’utilitaria di famiglia, non avendo mai preso la patente. Da presidente della Camera nel 1974 si rifiutò di firmare il decreto di aumento di indennità ai deputati, affermandone le ragioni in un’intervista: «Ma come, dico io, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione […] voi date quest’esempio d’insensibilità? Io deploro l’iniziativa, ho detto. Ma ho subito aggiunto che, entro un’ora, potevano eleggere un altro presidente della Camera. Siete seicentoquaranta. Ne trovate subito seicentocinquanta che accettano di venire al mio posto. Ma io, con queste mani, non firmo.»

Da presidente della Repubblica affermò di considerarsi semplicemente «il primo impiegato dello Stato»; con i cittadini si rapportò in modo diretto e poco istituzionale, venendo percepito come uno di loro, una persona su cui fare affidamento, a cui rivolgersi senza timori reverenziali, come un “nonno” un po’ burbero, ma sincero e sempre attento verso i suoi “nipoti”, sempre presente nelle difficoltà. Infatti, nei momenti drammatici vissuti durante la sua presidenza fu in prima linea, vicino alla gente. Nell’agosto del 1980 una bomba scoppiò alla stazione ferroviaria di Bologna causando la morte di 85 persone e il ferimento di altre 200; Pertini partecipò ai funerali di Stato e fu l’unica carica istituzionale a ricevere gli applausi dalla folla presente in piazza. Il 23 novembre 1980 quando un terribile terremoto colpì l’Irpinia, uccidendo quasi 3000 abitanti, egli si recò sui luoghi della tragedia parlando con le vittime e visitando i paesi colpiti; la terribile situazione gli fece denunciare, in un discorso pubblico, il ritardo nei soccorsi e le inadempienze di chi sarebbe dovuto intervenire rapidamente.

Un momento significativo e popolare, questa volta privo di connotazioni dolorose, fu la finale vinta dalla nazionale italiana di calcio nei mondiali del 1982. Pertini venne inquadrato più volte dalle telecamere a esultare come qualunque tifoso e, nel viaggio di ritorno insieme alla squadra, ospite nell’aereo di Stato, divennero virali le immagini della partita a carte con l’allenatore, il capitano e un altro giocatore. L’impressione è che in tutto ciò non vi fosse niente di costruito e di studiato, a uso dell’immagine, bensì emergesse la schiettezza e la spontaneità del personaggio. Quanto ce ne sarebbe bisogno oggi!

Pertini è stata una persona di cuore, manifestando, come nelle occasioni appena citate, i propri sentimenti. Ha accolto al Quirinale tante classi delle scuole, incontrandole e avendo sempre per tutti parole significative. Si è sempre impegnato guidato dall’amore per l’Italia, la Patria, e per gli italiani, ma da persona aperta al mondo e alla dimensione universale dell’umanità.

È sempre vissuto “a testa alta” e con la “schiena dritta”, in particolare nei suoi rapporto istituzionali con “i potenti”, senza mai dimenticare il suo ruolo nei confronti del popolo, della gente.

Pertini era ateo, ma questo non gli impediva di tenere affisso nel suo studio del Quirinale un crocifisso; proverbiale fu anche la sua amicizia con Giovanni Paolo II, fatta di frequenti contatti e addirittura di un periodo di vacanza insieme sull’Adamello.

Infine, è da citare il rifiuto del funerale di Stato e l’affluire dei cittadini al portone della sua abitazione quando si diffuse la notizia della sua scomparsa, segno dell’affetto di cui godeva.

Ci furono alcune sue prese di posizione che provocarono polemiche e possono essere valutate in modo critico, quali il voto contrario all’adesione italiana alla NATO e l’elogio della figura di Stalin in occasione della sua morte; problematiche anche alcune situazioni che lo videro coinvolto durante la Resistenza. In contraddizione con l’immagine di una persona mite e bonaria emergono anche un carattere facile all’ira e una certa vanità che traspare dall’abbigliamento sempre estremamente curato.

Ricordare Sandro Pertini e proporlo come esempio alle nuove generazioni, seppure con le contraddizioni segnalate, può essere importante per avvicinarsi a una politica seria, disinteressata, produttiva, in ascolto e attenta alle esigenze delle persone, in particolare di quelle che contano di meno. Può essere importante per tornare a credere in questo Paese e in chi lo abita, impegnandosi per un mondo più giusto. Raccontare le sue scelte, i suoi sacrifici, la sua sincerità e il suo evidente amore per l’Italia, potrebbe convincere molti a fare politica con onestà e coraggio, con le mani pulite, proprio come lui.

I documenti

La documentazione su Sandro Pertini è molto ampia se si desidera approfondire la conoscenza della sua figura. Come già citato vi sono il sito del Centro culturale e quello del Centro studi, nonché una Fondazione, che portano il suo nome.

Numerose sono le opere da lui scritte e le raccolte di lettere e discorsi, come vasta è la produzione di libri e articoli su di lui.

Molti sono i documenti filmati reperibili in rete. Su Rai Play è disponibile un ampio servizio dal titolo “Sandro Pertini: un socialista romantico”. A questo link si può ascoltare il discorso di insediamento tenuto in Parlamento dopo la sua elezione a Presidente della Repubblica.

Ecco anche un video tratto dal discorso di fine anno del 1981 nel quale rivolge un appello ai giovani.

Proponiamo infine alcune frasi da lui pronunciate, significative per avvicinarsi al suo pensiero e alle sue scelte.

«Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. […] Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero.»

«Ricchi e poveri siamo tutti legati allo stesso destino. La miseria degli altri potrebbe un giorno non lontano battere rabbiosa alla nostra porta. Esiste un legame di reciproca interdipendenza fra crescita del mondo industrializzato e sviluppo di quello emergente. Dobbiamo restituire ai popoli il senso dell’unità del pianeta.»

«Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi.»

«È meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature.»

«Bisogna che la Repubblica sia giusta e incorrotta, forte e umana: forte con tutti i colpevoli, umana con i deboli e i diseredati.»

«Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica […] il fascismo è l’antitesi di tutte le fedi politiche, perché opprime le fedi altrui.»

«Oggi, dopo le tristi esperienze subite, noi tutti sappiamo che la società contemporanea rimane sempre esposta al virus totalitario: l’arco dei mezzi di persuasione e di dominio del consenso a disposizione del potere è amplissimo, le possibilità di corruzione delle libere coscienze sono infinite, la tecnologia più raffinata consente ora l’uso della violenza dolce e silenziosa, laddove nell’evo antico e nell’età più prossima funzionava la violenza bruta e l’annientamento fisico del dissidente.»

«Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame.»

«Gli affamati ed i disoccupati sono il materiale con il quale si edificano le dittature.»

«La coerenza è comportarsi come si è, e non come si è deciso di essere.»

«Sii sempre, in ogni circostanza e di fronte a tutti, un uomo libero e pur di esserlo sii pronto a pagare qualsiasi prezzo.»

«Cercate anche di darvi una fede politica, respingete però quelle idee politiche che non presuppongono il concetto di libertà, altrimenti andreste verso la vostra rovina.»

«Chi cammina talvolta cade. Solo chi sta seduto non cade mai.»

«L’insidia più grande per un uomo politico è quella di innamorarsi del potere.»

«Sono del parere che la televisione rovina gli uomini politici, quando vi appaiono di frequente.»


«Dico al mio avversario: io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi al prezzo della mia vita perché tu la tua idea la possa esprimere sempre liberamente.»

«Io credo nel popolo italiano. È un popolo generoso, laborioso, non chiede che lavoro, una casa e di poter curare la salute dei suoi cari. Non chiede quindi il paradiso in terra. Chiede quello che dovrebbe avere ogni popolo.»

«Bisogna essere degni del popolo italiano. Non è degno del popolo italiano colui che compie atti di disonestà. I corrotti ed i disonesti sono indegni di appartenere al popolo italiano, e devono essere colpiti senza alcuna considerazione.»

«Io sono orgoglioso di essere cittadino italiano, ma mi sento anche cittadino del mondo, sicché quando un uomo in un angolo della terra lotta per la sua libertà ed è perseguitato perché vuole restare un uomo libero, io sono al suo fianco con tutta la mia solidarietà di cittadino del mondo.»

«Bisogna che il governo si adoperi per trovare sorgenti di lavoro, per fare in modo che tutti gli italiani abbiano una occupazione questo è quello che deve fare il governo, questo è quello che deve fare il Parlamento.»

«Bisogna fare in modo che ogni italiano trovi in Italia un posto di lavoro.»

«Gli uomini, per essere liberi, è necessario prima di tutto che siano liberati dall’incubo del bisogno.»

«Condizione essenziale di progresso è che all’interno della scuola, prima che altrove, maturi una nuova consapevolezza del valore ineliminabile del lavoro, delle responsabilità individuali, della solidarietà verso gli altri, quali che siano le loro idee, dell’integrità verso la cosa pubblica e nei rapporti privati.»